Perché ha scelto di finire proprio a Cagliari?
—«Perché qui è cominciata la mia carriera, perché quando il Cagliari mi chiamò 35 anni fa, era la scommessa della mia vita. Potevo bruciarmi, neanche sapevo se avrei fatto l’allenatore. Cominciammo con l’idea di provare a tornare in B nel giro di un paio d’anni, invece in quei due anni passammo dalla C alla A. Da allora ho Cagliari dentro».
Eppure quando l’hanno richiamata, a dicembre, ha esitato. Perché?
—«Perché questa era l’isola dei miei ricordi felici e avevo paura di rovinarli, oltre che di tradire la passione e l’amore di questa gente. Ma hanno insistito, Riva ha detto delle cose, suo figlio ha continuato a mandarmi messaggi, così ho pensato che non dovevo essere egoista, non pensare a me stesso ma a un popolo che in quel momento era in difficoltà. E allora mi sono buttato a capofitto».
Riva cosa ha detto?
—«Prima che tornassi, una sola cosa: Ranieri è uno di noi».
Che Serie A ritrova?
—«Siamo gli ultimi arrivati e ci siamo arrivati con l’ultimo pallone del campionato. Ci sarà da soffrire, ma siamo pronti. Fortunatamente ho un gruppo magnifico e una società organizzata».
Chi segue la Serie A è felicissimo di ritrovarci lei: si è mai chiesto perché tutti le vogliono bene?
—«Credo che sia perché do rispetto e di conseguenza ne ricevo. Eppure sono chiuso, non espansivo, pur essendo romano. Sono uno di quei pochi romani che si tengono tutto dentro, anche se qualche volta mi avete visto emozionarmi in pubblico».
(Repubblica)
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