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Ranocchia: “Nessuno sa perchè Conte andò via. Spalletti sottovalutato, gli altri…”

Fabio Alampi

L'ex difensore dell'Inter ha parlato dei diversi allenatori avuti nel corso della sua esperienza in nerazzurro

Andrea Ranocchia, ex difensore dell'Inter, nel corso della sua intervista rilasciata a tuttomercatoweb.com ha parlato dei diversi allenatori avuti nel corso della sua esperienza in nerazzurro: "L'Inter è una squadra forte che con Inzaghi ha vinto tre trofei. Adesso è in semifinale di Coppa Italia, ai quarti di Champions ed è seconda in classifica. Poi, certo, dall'Inter ti aspetti sempre che vinca il campionato o comunque che arrivi in fondo a tutte le competizioni. Ma quest'anno per nessuno è facile stare dietro al Napoli che sta disputando un campionato a parte. Bisogna dare anche i meriti a chi è in testa con 19 punti di vantaggio sulla seconda. Il percorso all'Inter di Inzaghi è ottimo, chi gli può dire qualcosa?".

Un altro passo indietro. Prima di Inzaghi c'è Conte. Perché va via dopo due anni? Come ve lo comunica?

"Non so cosa sia successo in quei giorni. Non lo sa nessuno al di fuori della società e dello stesso Conte. Non l'ho voluto nemmeno chiedere, sono rapporti personali e decisioni personali. E poi ognuno pensa al proprio futuro. Per me è stato un allenatore fondamentale".

Cosa vi ha dato in più Conte rispetto a ciò che già vi aveva dato Spalletti?

"Mentalità, disciplina, modo di intendere l'allenamento, modo di intendere la partita. Lui cura l'aspetto del calciatore a 360°, ha riassestato un po' l'ambiente con la sua modalità e con lui s'è portato avanti un percorso vincente".

La chiusura di un cerchio

"La storia dell'Inter negli ultimi 12 anni è stata un po' strana. Siamo passati dall'era Moratti che aveva vinto tutto, poi Thohir e poi Suning. Quando ci sono questi cambiamenti per ridare stabilità all'ambiente ci vuole tempo. Ma nel calcio non hai tempo: hai una settimana, il tempo che passa da una partita all'altra. Spalletti ha messo il primo tassello della nuova Inter: è stato fondamentale. È un allenatore forte, che forma giocatori e forma un ambiente. Però quelli erano anni in cui dovevi sfidare una Juventus che era tra le migliori al mondo e tu sei alle prese con un nuovo percorso: fai fatica. Però è Spalletti che ci ha riportato in Champions e anche a livello economico, di blasone, s'è cominciato a ricostruire. Poi è arrivato Conte che ha aggiunto la sua disciplina, il suo modo di ragionare. E quello è personale. Non dico che lui sia l'unico in grado di vincere all'Inter, però in quel momento è stato bravo a mettere tutti i tasselli nel modo giusto per arrivare allo Scudetto".

Il lavoro di Spalletti all'Inter è stato sottovalutato?

"Non è stato apprezzato abbastanza il suo lavoro. Lui mette le basi. È difficile che una squadra da un anno all'altro prima arriva settima e poi vince lo Scudetto. Il Napoli è stato costruito negli anni, arriva sempre lì: secondo, terzo, secondo, poi terzo... E quest'anno sta facendo meglio. Ma sì, all'Inter il lavoro di Spalletti è stato molto sottovalutato".

Torno allora al confronto con Conte. Ha avuto in più la capacità di pretendere determinati acquisti rispetto ai predecessori? È questo che la differenza?

"Questi allenatori sono quelli che hanno uno storico importante, di vittorie e di trofei. Quando hanno avuto i primi colloqui con Conte a mio avviso si erano già chiariti su molti aspetti. Lui veniva da anni in cui aveva allenato e vinto con la Juve, era un simbolo della Juve e a quel punto se accetti l'Inter non puoi sbagliare neanche una virgola. Prima di accettare un incarico così credo abbiano messo nero su bianco i vari movimenti da fare. Immagino sia così per tutti i grandi allenatore: Guardiola, Klopp o Ancelotti prima di firmare con un club immagino pretendano determinate garanzie".

Prima di Spalletti c'era Pioli. Ti aspettavi potesse vincere lo Scudetto col Milan?

"Lo scorso anno gli ho scritto, gli ho fatto i complimenti. L'ho avuto per pochi mesi ma lui è un allenatore bravo, che crea gruppo e ha uno staff molto buono. Vincere il campionato è difficile, chiunque lo vinca e chiunque l'abbia vinto in passato è perché se l'è meritato. Vincere un campionato è davvero difficile perché in un anno subentrano tantissime cose: non è fortuna, non c'entra la decisione arbitrale. Chi vince il campionato è perché lo merita e lui è stato bravo a creare questo feeling con la squadra. Lo scorso anno si vedeva che aveva creato questo rapporto di compattezza con la squadra, si percepiva. Come quest'anno si vede il feeling tra Spalletti e la sua squadra".

E poi al Milan ha potuto costruire un progetto, mentre all'Inter si percepiva fosse un allenatore di transizione.

"Sì, sicuramente sì. E poi c'è da mettere comunque la sua crescita come allenatore, quando parliamo di Pioli all'Inter parliamo del 2016...".

Prima di Pioli la parentesi de Boer. Difficile trovare qualcuno che ne parli bene.

"A me non piace parlare male delle persone...".

Ormai s'è capito. Però non è semplice parlarne bene.

"Un allenatore che non conosce in alcun modo il calcio italiano fa fatica e lui non conosceva in alcun modo il calcio italiano. Non conosceva calciatori, non conosceva nulla. La lingua è stata un problema grande, se non riesci a trasmettere con le parole i tuoi messaggi alla squadra fai fatica, si parlano due lingue diverse. E poi era un periodo di grande confusione all'Inter: ti dico la verità, io il suo periodo all'Inter nemmeno lo ricordo troppo bene... Sarà stato con noi due mesi".

Prima di de Boer c'è Mancini. Ed è l'allenatore che ti fa accomodare in panchina, costringendoti ad andare via in prestito.

"Quando è arrivato ho giocato, poi siamo ripartiti nella stagione successiva non più e quindi col passare delle settimane ho iniziato a valutare soluzioni diverse. Ma io col Mancio mi sono trovato bene, ti dico la verità... È stata anche una bella esperienza essere allenato da lui perché poi è un allenatore vincente e quando arrivano allenatori di quel calibro lì comunque ti danno qualcosa. Poi c'è l'allenatore con cui crei più o meno feeling, ma quella per me è stata semplicemente una scelta tecnica".

Senza rancore, insomma.

"Lì per lì ti rode, vuoi giocare. Ma oggi posso dire che mi ha allenato il ct della Nazionale".

Torniamo all'inizio della tua avventura interista. Arrivi con Leonardo.

"Sì, Benitez era stato cacciato tre giorni prima".

E che allenatore ti ritrovi?

"Con Leo mi sono trovato bene, subito. Una brava persona. Come allenatore è bravo però percepivo che non era tanto quello che voleva fare. E infatti dopo poco ha cambiato".

Dopo arriva Gasp. Che non capisce quel gruppo o viceversa?

"Era difficile per quel gruppo capire Gasperini. Arriva ma anche lì, ti dico la verità: sono stati anni molto frenetici e vivevamo tutto così, molto velocemente. Alla giornata".

Con chi hai trovato in quella fase più continuità?

"In quel periodo giocavo. L'ho trovata con Mazzarri come con Stramaccioni, anche con Gasp giocavo".

Tutte personalità molto diverse tra loro.

"Era difficile, anche perché ogni volta cambiare allenatore, strategia e metodologia di lavoro non è facile. Far bene in quegli anni era difficilissimo".

È il motivo del crollo dell'Inter dopo il Triplete?

"Sì. E al contrario negli ultimi anni ho rivisto nell'Inter una grande programmazione. Anche gli allenatori che sono arrivati: Spalletti, Conte e Inzaghi hanno sempre dato la sensazione di stabilità. Ora sono state mosse critiche a Inzaghi, ma secondo me è più una cosa giornalistica...".