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Repubblica – Caos stadi, per la Uefa solo tre sono agibili per gli azzurri

Francesco Parrone

Accompagnando al battesimo la prima Italia di Conte, i 50.000 di Bari hanno dimostrato ancora una volta che la Nazionale ha una grande risorsa in più: è davvero la squadra di tutto il Paese. Ma il San Nicola, architettonicamente unico quanto...

Accompagnando al battesimo la prima Italia di Conte, i 50.000 di Bari hanno dimostrato ancora una volta che la Nazionale ha una grande risorsa in più: è davvero la squadra di tutto il Paese. Ma il San Nicola, architettonicamente unico quanto strutturalmente ferito da una manutenzione precaria, ha ribadito anche un’altra verità: che quasi tutti gli stadi italiani sono ormai reperti archeologici. E soprattutto che, se non verrà sfruttata l’occasione della stretta imposta dall’Uefa sui requisiti standard per le qualificazioni a Euro 2016, la Nazionale itinerante si trasformerà in ricordo. Secondo i nuovi canoni europei, infatti, oggi potrebbe giocare solo in tre stadi: l’Olimpico di Roma, il Meazza di Milano e lo Juventus Stadium di Torino. Per gli spettatori delle altre città vedere gli azzurri dal vivo sarebbe vietato. Le prossime due partite in casa – il 10 ottobre con l’Azerbaigian a Palermo e l’11 novembre con la Croazia a Milano – sono già state assegnate. Nel 2015, però, tutti gli impianti dovranno adeguarsi al severo regolamento, che classifica le gare degli azzurri nella fascia A, la più restrittiva. Altrimenti le sfide con Malta e Bulgaria a settembre 2015 e con la Norvegia a ottobre non potranno uscire dal triangolo suddetto.

Che gli stadi italiani non siano di serie A è noto: solo quello di Udine, in ristrutturazione, si potrà iscrivere al clan, anche se con bassa capienza. Per il resto ce ne sono 7 che entrano a fatica tra quelli a norma per le coppe, ma che non lo sono per Euro 2016: Torino (Olimpico), Genova, Modena, Firenze, Napoli, Palermo, Pescara. Mancano grandi città come Bologna e Cagliari. Finora, per le singole partite della Nazionale, ci si arrangiava con lavori provvisori (wi-fi, parcheggi,strutture ricettive, tribune), coordinati dalla Figc che suppliva alle amnesie dei comuni. Ma adesso il tempo della flessibilità è finito. In teoria la legge Letta, del dicembre 2013, offre una soluzione: in cambio degli interventi (la ristrutturazione non costa meno di 5-10 milioni) garantisce la realizzazione di opere accessorie ad uso dei club. I mesi, tuttavia, passano e la svolta dell’Uefa è netta. Nasce dalla nuova formula delle qualificazioni all’Europeo, con partite spalmate su un’intera settimana. I diritti tv vengono pagati il triplo, ma la condizione imprescindibile è che i servizi offerti alle tv siano di alto livello: servono stadi perfetti, scelti con 4 mesi d’anticipo dal Venue Manager dell’Uefa. Da qui lo standard inflessibile su sicurezza, accoglienza, accesso disabili, servizi tecnici, elettricità, internet, parcheggi per i tir delle tv, uffici, studi tv con vista sul campo, aree stampa. Ora l’Italia ha un altro ritardo da colmare.