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Indovinare d’un colpo tutti i registri e le tonalità, alternandoli come si deve: i bassi prima degli alti, le scale minoripoi quelle maggiori che aprono il campo agli eleganti arpeggi del finale, quando il risultato sorride. La prudenza all’inizio, per quella malcelata ansia di rivedere subito i vecchi spettri, poi il fuoco che si sprigiona dopo un’oretta, cioèquando serve davvero. Le gambe finalmente solide, il passo che torna sicuro. E gli esterni alti, aggressivi, a volte sbagliano ma al successivo attacco hanno già dimenticato e rieccoli lassù, infatti saranno proprio loro a costruire il gol della liberazione.
Dopo mesi di testa sotto la cenere a San Siro si rivede una squadra di calcio padrona del suo destino, che non vinceva dal 21 aprile: è già una piccola nuova Inter, quella di Walterone Mazzarri, il cui esordio in campionato sulla panchina dei sogni è un 2-0 di quelli che invogliano all’ottimismo, anche se cauto. Nulla di indimenticabile o di straordinario, perché il Genoa di Liverani non sale a Milano per creare sconquassi ma soprattutto per scoprire se stesso, però dell’Inter colpisce in positivo l’atteggiamento, la rinnovata fiducia, la brillantezza della condizione atletica, l’assenza di apprensioni difensive.
Si risolve tutto nell’ultimo quarto d’ora, dopo una lunghissima fase di preparazione. Anche troppo lunga, perché l’Inter delprimo tempo — dopo il saluto alla folla di Stankovic, eroe degli anni belli — è prudente all’eccesso nell’assetto e negli uomini, oltre a essere frenata dal timore di sbagliare e di riproporre antichi disastri. Ma è un fatto che la porta di Perin rimanga intonsa, mai un tiro nello specchio (il primo arriverà all’8’ della ripresa,testa di Icardi centrale), mai un’iniziativaruggente, mai un pallone in verticale e nel mezzo dell’area. Jonathan e Nagatomo sono alti e vivaci ma è nel cuore delcampo che si arranca: la regia di Cambiasso è flebilissima, Kuzmanovic e Guarin non mordono né sprintano e il Genoa si rasserena subito grazie al palleggio di Lodi, ma intanto la difesa nerazzurra non sbanda, né barcolla, né dà l’impressione di soffrire mai: è già un progresso. Comunque tira un’ariaccia brutta da 0-0 fino a che Walterone non decide di inserire una punta (Icardi) al fianco di Palacio, fin lì triste e solitario.
D’improvviso ecco il fuoco, ecco gli spazi in cui finalmente Guarin sa lanciarsi buttando avanti il pallone regalando scrolloni che pian piano sbriciolano le certezze del Genoa. Manca solo un tassello, ed è l’uscita di Cambiasso: dentro Kovacic, Inter con 10 giocatori di reale movimento e dopo 4’ ecco il gol. Guarin allarga per Jonathan, cross pronto sul secondo palo (sporcato da Antonelli) e capocciata vincente di Nagatomo sulla linea. Gol costruito dai terzini, e Mazzarri è in brodo di giuggiole. Nessuna reazione dal Genoa, che non è strutturato per uccidere ed è un limite che Liverani deve per forza superare, così nel finale c’è una traversa di Icardi e nel recupero il suggello di Palacio, ancora su invito di Guarin. Il 2-0 non fa una piegolina, Moratti lo festeggia in tribuna allargando il sorriso circondato dai familiari. Sulla trattativa con Thohir per la cessione delle quote, il presidente frena ancora: «Per il momento non c’è accordo. E se non sarà raggiunto, rimane tutto come prima: per la delusione generale, ma rimane tutto come prima».
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