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Repubblica – I vecchi dell’Inter non mollano niente. Gli altri…

Largo ai giovani, d’accordo, ma con molta calma: San Siro ci racconta per il momento altre storie, ad esempio che il futuro è ancora in mano a certi vecchiacci irriducibili e che i ragazzi, soprattutto alcuni di loro, devono aspettare, e...

Francesco Parrone

Largo ai giovani, d’accordo, ma con molta calma: San Siro ci racconta per il momento altre storie, ad esempio che il futuro è ancora in mano a certi vecchiacci irriducibili e che i ragazzi, soprattutto alcuni di loro, devono aspettare, e soffrire, e imparare dai propri errori. Prendete Francesco Bardi, 21 anni, portierino dell’under 21, di proprietà dell’Inter e in prestito al Livorno: è un suo allucinante autogol — cross innocuo di Jonathan, lui praticamente si butta la palla in rete da solo — alla mezz’ora di un primo tempo in cui l’Inter non tira mai in porta, a regalare ai nerazzurri l’1-0 e di fatto la vittoria.

Poi prendete Javier Zanetti, 40 anni suonati: torna a giocare dopo sei mesi e mezzo dall’infortunio, lo stadio viene giù dagli applausi, lui dà un paio di scrolloni dei suoi e infine avvia l’azione del raddoppio al 92’, perfezionata dall’assist di Kovacic per Nagatomo, ma poi vanno tutti ad abbracciare il Capitano. Così l’Inter arrotonda la classifica e coglie una vittoria vitale per proseguire la corsa alla zona Champions, mentre lo stadio rende omaggio a Moratti: ancora applausi per il presidente e striscioni ultrà in suo onore, perché dalla prossima partita l’Inter sarà di Thohir. Risultato a parte, il lavoro di Mazzarri per rendere l’Inter davvero affidabile è ancora lungo, e irto di difficoltà. La squadra conferma l’andamento sinusoidale delle sue prestazioni, come da oltre un mese in qua: dopo la perfezione sfiorata a Udine, che aveva fatto seguito alla prova incerta di Bergamo e a quella convincente contro il Verona, ecco un’altra esibizione insufficiente a livello di ritmo, di fantasia, di idee. Davide Nicola prepara bene la gara e sa come impiastricciare il possesso palla interista: difesa a 5 abile a scalare le marcature e centrocampo schiacciato nella trequarti, a sporcare tutte le linee di passaggio.

L’Inter è la stessa di Udine (a parte Juan Jesus) ma sono la partita e l’avversario a essere diversissimi: stavolta ci vorrebbe un assetto più offensivo, un Alvarez più lucido, un maggiore appoggio a Palacio che annega tra i centrali del Livorno visto che Guarin è una seconda punta adattatissima, ma per Mazzarri è meglio badare agli equilibri e tant’è. Ne esce un orrendo stallo tattico e tecnico, in cui l’Inter non vede mai l’area e il Livorno si difende lucido, sbagliando magari a non distendersi in avanti. La paperaccia di Bardi mette la partita in discesa per i nerazzurri, che chiudono il tempo con un rigore reclamato (Luci su Palacio, forse c’è) e un sinistro di Alvarez deviato da Bardi, ma nella prima parte della ripresa soffrono il palleggio degli avversari, che protestano per un sospetto contatto in area tra Ranocchia e Paulinho e mettono la testolina fuori. Troppo timidamente, però: Handanovic non si sporcherà mai i guanti. Si arriva all’ultimo quarto d’ora con l’Inter ancora viva e vegeta, più fresca in Kovacic e alla fine anche con Zanetti, che avvia la manovra verticale del raddoppio firmato da Yuto. Chiusura con un molto nipponico inchino del Capitano al samurai. Largo ai vecchi dunque, che non mollano niente. Gli altri, pedalare.