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L'edizione odierna de la Repubblica si interroga sul numero 10, diventato negli anni, soprattutto in Serie A, sempre più atipico oppure non utilizzato.
"Uno dei grandi assenti del calcio italiano. Il numero 10 sulla maglia, il sogno di ogni ragazzino che tira calci a un pallone è sempre meno utilizzato. Non c’è fra le prime tre dello scorso torneo. Nei primi respiri da juventino Federico Bernardeschi, che pure l’aveva indossato a Firenze, l’ha dribblato e respinto, come già Dybala. [...] A Roma, così come da tempo a Napoli, il 10 non è più contemplato. È custodito, avvolto dalla mistica. Quel numero appartiene a Totti e Maradona. [...] Ventidue anni dopo la liberalizzazione dei numeri, il 10 non è più un obiettivo ma un moltiplicatore di aspettative. Rende la falcata meno leggera e i dribbling meno efficaci. Certo, ci sono Felipe Anderson alla Lazio, Papu Gomez all’Atalanta, Ljajic al Torino. Ma giocano da ali. Tra le milanesi, il 10 è finito sì a degli atipici, ma anomali nella loro atipicità. Dopo Gullit e Savicevic, Boban e Seedorf ora tocca a Calhanoglu: la stagione scorsa lo aveva Honda. Mentre nell’Inter di Luciano Spalletti è andato a Joao Mario, che nel suo 4-2-3-1 dovrebbe essere la mezzala con gamba per tiri e inserimenti. Il 10 è cambiato. I nuovi trequartisti possono essere pure centrocampisti che si inseriscono ma devono andare a schermare l’avversario che porta palla. Come Vidal e Nainggolan. Non degli Sneijder. Il 10 classico, per numero e caratteristiche tecniche, comincia a mancare anche in alcune big internazionali [...]", scrive il quotidiano.
(Fonte: la Repubblica)
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