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Certi applausi possono durare anche due giorni, se è il caso. All’Inter sono iniziati venerdì, con il commosso omaggio a Moratti nella sua ultima assemblea da presidente, e si sono protratti fino a ieri sera, in un sabato talmente dolce da diventare languido, e per molti motivi: per il clima primaverile che evoca nostalgie estive, per il saluto all’ormai ex presidente che evoca nostalgie di un passato che si teme non torni più facilmente, e per le ottime notizie che arrivano dal campo. Applausi a scena aperta per l’Inter, che restituisce a Mazzarri il sorriso con il travolgente 4-2 al Verona (che nella sua storia non ha mai vinto a San Siro) con tre gol da azione di calcio d’angolo e ancora mani che si spellano per Moratti, prima del via, al suo arrivo in tribuna. Sta per sedersi insieme a moglie e figlio sul solito seggiolino (ma in futuro, dice, andrà a vedere la partita in settori meno nobili dove ci si diverte di più) quando tutti i vicini di posto gli tributano una standing ovation, che lui accoglie con la mano sul cuore: Thohir è davvero lontanissimo, non solo fisicamente, anzi per molti qui non esiste proprio, e non si può dar loro torto. Subito dopo l’Inter parte sparata, a differenza di Torino, e schiena un Verona timidissimo in quattro e quattr’otto.
Bastano dodici minuti, due corner e tre rimpalli ed è già 2-0, nel silenzio della curva che nei primi 10’ è in silenzio per protestare sulla questione dei cori: quindi si può segnare anche senza l’apporto degli ultrà, ma s’era già capito in Inter-Fiorentina, e del resto lo sospettavano in tanti. Due corner, si diceva, e tre rimpalli, in una partenza in cui il Verona si rintana impaurito e l’Inter avanza baldanzosa, piena di fuoco e di buone intenzioni. Primo corner da sinistra, stoccata volante di Jonathan destinata ai cartelloni pubblicitari ma a centro area c’è la deviazione decisiva di Moras, ed è 1-0 (9’). Poi corner da destra, difesa ospite ancora in vacanza, botta di Guarin, respinta sulla linea di Jorginho e rimpallo sul corpo di Palacio per il 2-0. Il più è (quasi) fatto, ma non ditelo a Mazzarri che tiene alta la tensione con i suoi richiami ben udibili, perché sa che un solo calo di concentrazione può costare complicazioni e ulcere. Il Verona è solo Toni, magnifico nel suo lavoro di sponde solitarie e disperate mentre i suoi compagni sono forse piegati dal miedo escenico di San Siro e mentre gli ultrà interisti inscenano una contestazione fatta di cori offensivi a tutte le tifoserie e striscioni assortiti (ma fare il tifo e basta proprio non è possibile, in Italia?).
Comunque appena la curva tira fuori le bandiere, alla mezz’ora, gli ospiti segnano con Martinho, anche se Juan Jesus lascia un’autostrada al suo inserimento vincente, sbagliando a raddoppiare Toni che era già controllato da Ranocchia. Ma il Verona è debole sulle gambe mentre l’Inter trova da Alvarez e Guarin le cadenze giuste ed è sparpagliata per il campo a dovere, presidiando le zone che contano, così arriva al 3-1 al 38’ in scioltezza: percussione di Nagatomo, destro respinto dal palo, assist di Palacio per Cambiasso e addio Verona. La ripresa è conservazione attiva del vantaggio, che si arrotonda ancora su corner e ancora su rimpallo: angolo da destra, velo di Palacio, respinta corta di Rafael e 4-1 di Rolando da un metro. Solo ora, tardissimo, il Verona prova ad affacciarsi dove serve, e solo ora Mandorlini inserisce attaccanti a supporto di Toni, che comunque crea anche il 2-4 con difesa del pallone e assist per il sinistro di Romulo, giusto nell’angolino sinistro di Carrizo.
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