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Repubblica – Inter perfetta per Zanetti. Festa a San Siro ma non per Mazzarri che…

C’è solo un Capitano. E ci sono soprattutto lacrime, le sue e quelle di tutti, e cuori che grondano amore e riconoscenza, e ricordi di una vita, e lo struggimento per qualcosa che si sa già non tornerà mai, o almeno non con la stessa...

Francesco Parrone

C’è solo un Capitano. E ci sono soprattutto lacrime, le sue e quelle di tutti, e cuori che grondano amore e riconoscenza, e ricordi di una vita, e lo struggimento per qualcosa che si sa già non tornerà mai, o almeno non con la stessa intensità. Diciannove anni con Javier Zanetti meritavano questo epilogo, col popolo che accorre e riempie lo stadio perché la festa è per forza qui, si saluta l’ultimo dei grandi, si festeggia lui ma anche se stessi perché un pezzettino di tutti gli interisti appartiene a Saverio che arrivò da Buenos Aires, tanto tempo fa, e non se ne andò più. Si celebra anche, anzi è forse il vero significato di questa notte a San Siro, la fine di un ciclo. Zanettiano, certo, ma anche morattiano, dato che le due cose coincidono perfettamente. Una certa grande Inter termina davvero con questo 4-1 in scioltezza alla Lazio, con qualificazione all’Europa League certa anche se il piazzamento (quarto, quinto o sesto posto) si deciderà tra oggi e domenica.

È festa quasi per tutti. Non per la Lazio, che si sgretola via via anche se inizia e finisce bene, e neppure per Walter Mazzarri. Che vince la partita e ottiene l’obiettivo minimo stagionale, ma prima del via, alla lettura delle formazioni, viene bombardato dai fischi dell’intero stadio: non si sa se perché al pubblico non piace questa Inter, o se per l’orrido derby di una settimana fa o solo perché il tecnico, fedele ai suoi principi, nega a Zanetti la passerella dal primo minuto e lo tiene in panchina («Zanetti non gioca dal 1’? Peccato», è il dardo di Moratti arrivando allo stadio). Ma di sicuro tanti fischi a un allenatore sono un segnale negativo, e infatti Walterone se ne sta in panchina col broncio per tutta la gara, magari meditando quel pensieraccio delle dimissioni che lo intriga da qualche tempo, ma ne riparleremo. La partita inizia malissimo per l’Inter, con dormita difensiva e gol regalato a Biava, altro vecchietto coi suoi 37 anni. Poi esplode Kovacic, alla sua migliore prestazione da interista: due assist meravigliosi, il primo alla Iniesta e il secondo alla Riquelme, mandano in porta Palacio e poi Icardi, infine il 3-1 è ancora di Palacio su cross di Nagatomo: ultimi gol stagionali per il Trenza, arrivato a quota 17, che nell’ultima a Verona sarà squalificato.

Ottima Lazio nella ripresa, mentre l’Inter si squaglia e Handanovic è costretto ad almeno sei parate determinanti, prima del 4-1 di Hernanes, l’ex. Nel frattempo, al 7’, è entrato Zanetti, con boati e applausi a ogni pallone toccato. Prestazione normale, del grande Javier, ma il voto è 10 per queste 857 partite da cuore nerazzurro, di cui 614 in A, e per questi formidabili anni che rimarranno nella storia del calcio. Al fischio finale lo aspettano in panchina tutti, compresiMoratti e Thohir che lo abbracciano e lui ricambia (ma uno dei due abbracci è per forza di cose più appassionato), poi compagni e avversari, tutti i dipendenti dell'Inter, anche l’arbitro di porta Bergonzi pure lui è a fine carriera. Musiche celestiali annunciano il tributo in campo a Javier, ma anche a Samuel e Milito che saluteranno la truppa ben presto. Non c’è la curva nord, squalificata, anche se si fa sentire da fuori sparando qualche petardo e si fa notare con striscioni vagamente minacciosi. Ma non è serata da ultrà digrignanti, questa. E’ serata di popolo e di famiglie, di lacrime, di ricordi, di amore puro. Meglio non inzaccherarla con le nostre solite miserie. Arrivederci, Capitano.