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Repubblica – Inter, prima delusione. Handanovic para un rigore e finisce in parità …

A volte le novità nascono già stanche, o forse hanno bisogno di rodaggio, pazienza, fede e illusione. Ecco perché la nuova Inter pare la gemella siamese di quella vecchia, l’intenzione non manca, il gol invece sì. Una squadra non ancora di...

Francesco Parrone

A volte le novità nascono già stanche, o forse hanno bisogno di rodaggio, pazienza, fede e illusione. Ecco perché la nuova Inter pare la gemella siamese di quella vecchia, l’intenzione non manca, il gol invece sì. Una squadra non ancora di guastatori come Mazzarri dice di volere, per guastare servono tenaglie o almeno unghie affilate, in fondo un Toro non troppo ingombrante è bastato per frenare ogni ardore nerazzurro. Prima solo con Icardi, poi con Icardi e Osvaldo, il peso offensivo è stato scarso, un po’ meglio alla distanza ma sempre poca cosa. I granata hanno agito di rimessa, sprecando un rigore con Larrondo e combinando nient’altro. Doppiamente orfani di Immobile e Cerci, ceduto proprio ieri, servirà tempo per consolarsi e magari qualche pallone dentro le reti altrui. Torino-Inter è stata una classica un po’ stinta, proprio come alcuni antichi striscioni che il popolo granata porta da tempo immemore nel vecchio Comunale diventato Olimpico, ma sempre sarà Comunale per chi custodisce piccole, resistenti memorie. Drappi sbiaditi, e forse anche la grinta non è più quella d’un tempo, ma non è che l’Inter faccia molto per dare lustro e nerbo a una partitaccia di fine agosto, poco più di un torneo estivo. Lo zero a zero finale è rotondissimo, un vero buco, un pozzo che non contiene quasi niente. Partita per lunghi tratti poverissima, di quelle che sembrano fatte apposta per ricordarci, se ce ne fosse bisogno, cos’è diventata la serie A. Soltanto un tiro in porta nel primo tempo, il rigore che Handanovic para a Larrondo che qui chiamano “l’orrendo”, e un motivo ci sarà. Bisognava più che altro capire cosa sia il nuovo Toro, e se la nuova Inter possa mettere il naso tra i padroni del campionato o giù di lì. 

Per i granata, l’opera di decifrazione arriva nel giorno peggiore, con Alessio Cerci appena venduto all’Atletico Madrid (non c’erano dubbi sulla farsa di quel tweet, evidentemente vero), e con il vuoto anche fisico lasciato da Immobile. Se a una squadra, una qualsiasi, togli i due giocatori migliori dopo una stagione notevolissima (settimo posto, Immobile capocannoniere), il risultato non può che essere nostalgico. E così è, nonostante l’impegno del “gobbo” Quagliarella che a pallone sa giocare. I tifosi del Toro hanno anche spiegato di non volere assolutamente Amauri, ultima ipotesi di mercato: i cori rivolti a Cairo sono più di una didascalia sulle ultime ore di trattative. Anche capire l’Inter non è stato proprio facilissimo. In teoria il disegno in campo è chiaro, la difesa è più robusta con Vidic (espulso nel finale), il centrocampo più muscolare con Medel e più corsaiolo con Dodò, la punta è una sola, il grazioso Icardi, finché alla lunga diventano due con Osvaldo, e dietro di loro si muovono i più fantasiosi, sempre in teoria, cioè Hernanes e Kovacic. Ma se lo schema è eloquente, non così l’interpretazione: a lungo latitano i creativi, e agli attaccanti non arriva mai la palla. Ne vien fuori una partita noiosissima, quasi insulsa. L’accende appena un poco il molto dubbio rigore di Vidic su Quagliarella al 20’, però l’orrendo Larrondo permette ad Handanovic di volare felice.

Con il redivivo Osvaldo (nessuno lo vuole, ma alla fine qualcuno sempre se lo piglia), la spinta dell’Inter si fa più concreta e occorre una zampata del portiere Padelli, appena chiamato in azzurro da Conte, per evitare il vantaggio alla squadra di Mazzarri al 68’. Ora la partita frizza almeno un po’, e il Toro prova ogni tanto a infilarsi negli spazi - abbastanza rari - concessi dall’avversario che ha il dominio del campo, non del risultato. Siccome tocca quasi sempre a Larrondo trovarsi al dunque, capirete che la partita non si sblocca mai. Dentro il pozzo non c’è proprio nulla.