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L'edizione odierna di Repubblica concede spazio al ricordo di Antonio Valentin Angelillo, ex attaccante, tra le altre, dell'Inter (1957/1961) , morto venerdì 5 gennaio in un ospedale di Siena all'età di 80 anni.
"Un uomo libero, ecco cos’era soprattutto Antonio Valentin Angelillo che se n’è andato a ottant’anni compiuti a settembre. Resta di lui la luce fortissima di una suggestione e di un ricordo, come i 33 gol in una sola stagione, all’Inter nel ’59. Angelillo era enorme e un po’ bislacco, mezz’ala baciata dal dio della tecnica e dell’anarchia. Parlando di lui, Brera arrivò a scomodare Alfredo Di Stefano, il più grande della storia prima di Maradona, e per alcuni anche dopo. Era un genio, Angelillo, con quel padre macellaio e quell’origine lucana che avrebbe permesso di schierarlo come oriundo in maglia azzurra, sebbene nulla mai potè eguagliare la luce del trio che A.V.A. aveva composto con Sivori e Maschio: quando il calcio, allora come sempre, allora come più tardi con Maradona e poi con Messi e un giorno, chissà, con Dybala, ha continuato a raccontarsi in lingua argentina, “trasmettiamo da una radio d’Argentina”, così canta Fossati: ma ci sentite da lì? Enorme e impossibile da ingabbiare, Angelillo arrivò all’Inter molto giovane e a Milano un poco si smarrì ma soprattutto amò: una soubrettina, Ilya Lopez, apriti cielo. Il grande Herrera, Helenio “accaccone” lo pativa perché il ragazzo lo mandava allegramente a quel paese, impossibile fargli imparare la lezione, addomesticarlo come una bestiola. Segnò tanto, ma incrinando cuore e orgoglio dell’allenatore che preferì cederlo per prendere Suarez, campione sublime ma d’altra stoffa più morbida, un velluto modellabile secondo il desiderio della forma. E Angelillo andò via, girovagando con classe eterna alla Roma (Coppa Italia, Coppa delle Fiere), al Milan (scudetto), giocando e vivendo, allenando e vivendo, amando e amando fino all’ultimo giorno".
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