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Repubblica – Moratti resta a New York, Thohir si gode Bonazzoli e Donkor

Questo frullatore chiamato Inter l’ha già costretto, in sei mesi, a cambiare qualche idea e stile di vita. Lui, l’uomo dei principi, o delle convinzioni granitiche, si è dovuto piegare. Walter Mazzarri ha ripreso a fumare duro («Peccato,...

Francesco Parrone

Questo frullatore chiamato Inter l’ha già costretto, in sei mesi, a cambiare qualche idea e stile di vita. Lui, l’uomo dei principi, o delle convinzioni granitiche, si è dovuto piegare. Walter Mazzarri ha ripreso a fumare duro («Peccato, avevo smesso da otto mesi ma qui ho dovuto ricominciare») e si è reso conto che le cose sono un po’ diverse da come le aveva immaginate, anzi sognate, quando allenava squadre più piccine e credeva che qui fosse il Bengodi: «Non me l’aspettavo mica che intorno e dentro l’Inter fosse così... Vedendo tutto da fuori, pensavo altro. È stata una novità». Oggi il suo bagaglio di esperienze milanesi si arricchirà del primo derby, che ovviamente non scorderà mai. Ne ha giocati già quattro a Genova (una vittoria, tre sconfitte) ma qui è tutto diverso: «Mi aspetto una grande emozione ma capirò tutto solo quando entrerò in campo. Non è una partita come un’altra, anche se vale sempre tre punti: i tifosi e i giocatori la sentono molto, e se vinci ricevi una scarica di autostima che può durare a lungo. Se perdi, può condizionarti».

Il problema è proprio quello: le emozioni. Non le sue ma quelle dei giocatori, da tenere a bada. Per questo Walterone, l’uomo che cuoce, bolle e vibra, stavolta improvvisa una lezione sull’importanza dell’esprit de géométrie rispetto all’esprit de finesse, insomma in partite simili le ragioni del cuore devono contare meno di quelle della mente: «Il calcio è attenzione, non tensione. È serenità e tranquillità. Il talento, da solo, non basta. Bisogna usare il cervello, poi giocare al calcio. Per carità, cuore e agonismo ci vogliono, ma senza trascendere. Chiederò organizzazione, solidità di squadra, attenzione in difesa. E per una volta, anziché dare la carica come faccio sempre, dovrò tenere bassa la tensione nello spogliatoio». L’ultima è un’Inter minore: tre pareggi e una sconfitta. Ma lui a Napoli ha visto del buono: «Voglio l’Inter di Napoli, al netto dei contropiede che abbiamo concesso. Voglio calcio propositivo e palla a terra. E ricordo che siamo ancora il miglior attacco d’Italia. Tra l’altro la classifica dice che finora noi e il Milan siamo da valutare in modo diverso», cioè meglio l’Inter. Nessuna polemica con l’altro livornese Allegri, con cui in passato si è beccato: «Ci siamo visti alla partita della Nazionale ed eravamo seduti vicini, grande cordialità e stima». 

Poi Mazzarri si imbarca in lunghe e particolareggiate spiegazioni su come potrebbe giocare l’Inter e le varie alternative che ha (Kovacic a centrocampo, Kovacic trequartista con Guarin dietro, una o due punte) come di solito non fa, quindi c’è il caso che mediti soluzioni a sorpresa: Icardi arma tattica al fianco di Palacio dal 1’, o Kovacic-Guarin dietro Palacio, anche se forse partirà col solito 3-5-1-1 con cambiamenti in corso d’opera. Intanto sarà il primo derby anche per Thohir. Il nuovo presidente ieri ha esorcizzato le antipatiche dicerie che iniziavano a circolare sul suo conto assistendo finalmente a una vittoria nerazzurra: 3-1 nel derby Primavera, ai supplementari, con la soddisfazione di veder segnare l’attaccante sedicenne Bonazzoli (che insieme al difensore Donkor promette benissimo) e di ascoltare il mitico Pippo Inzaghi, l’uomo che viveva sul filo del fuorigioco, lamentarsi per un gol incassato in sospetto fuorigioco. Mazzarri confessa: «Thohir l’ho visto tranquillo e fiducioso. Io non mi do ancora pace per la sconfitta di Napoli ma lui era ok». Questione di impassibilità asiatica: poi chissà cosa pensa davvero, mister Erick, che stasera si accomoderà in tribuna senza il suo predecessore perché Massimo Moratti se ne rimane a New York, salvo ripensamenti. È una prima volta anche per lui: a Inter-Milan era sempre allo stadio. Todo cambia. Lentamente, ma cambia.