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I diciassette punti che le separano (la Roma una partita in meno) possono ingannare. In una classica i conti non tornano quasi mai. Roma più su, è vero, una sola sconfitta alle spalle, psicologicamente rocciosa. Inter più tribolata, è vero anche questo, diversi scheletri nell’armadio di stagione, psicologicamente meno affidabile, era lecito aspettarsi molto di più. É altrettanto vero che se non altro l’Inter può fregiarsi del titolo di squadra più prolifica in trasferta (24 reti, di cui però 7 al solo Sassuolo). Per i nerazzurri l’andata con la Roma fu un disastro, la Roma giocava, l’Inter farfugliava: 0-3 alla fine del primo tempo, l’Inter rimase aggrappata al palo di Guarin. Brucando l’erba un po’ finta e un po’ vera di San Siro, la Roma trovò lì ulteriore convinzione, ebbe modo di conoscersi ancora meglio, e per ufficializzare la conquista di nuove consapevolezze la domenica successiva andò a battere il Napoli. Era la Roma di testa che solo Biabiany aveva trafitto. Stasera ai giallorossi mancherà mezzo stadio, chiuse le due curve e i distinti sud. Garcia non guarda dove non c’è niente, dove i seggiolini vuoti campeggiano come un monito, e non cerca scuse perché il calcio, soprattutto il suo, è una continua ricerca di equilibrio e anche perché «bisogna adattarsi, ci sono delle regole, giuste o sbagliate che siano, e così dovrebbero fare anche i tifosi, adattarsi, trovare il modo di non danneggiare ciò che amano. Comunque cercheremo di vincere anche per chi ci sarà».
Concetto chiaro: regole così così, d’accordo, ma pure voi datevi una regolata. Garcia non guarda, non con insistenza almeno, nemmeno al comportamento degli arbitri, sul cui operato sarebbe il caso di non aggiungere altre pressioni, usare meno parole, destinare meno sguardi: «Se ne parla troppo. La serie A crescerà veramente soltanto il giorno in cui gli argomenti guida diventeranno le cose del calcio, il gioco, i moduli, il divertimento che tutto circonda. Per questo auspico la moviola in campo». Quanto agli avversari li rispetta tutti, senza distinzioni. Sull’Inter ha un’idea precisa: «Mazzarri dà qualità alle sue squadre. La sua Inter difende a cinque anche se ha una difesa a tre». Si può sfruttare il “vizietto” ma si può anche finire nella trappola? Ieri Mazzarri era di poche parole sugli argomenti più “social”, le curve chiuse, gli arbitri (stasera c’è Bergonzi che, forse neppure lui se lo ricorda, è stato l’ultimo a concedere un rigore all’Inter, 27 giornate fa) e il cordone arcobaleno di solidarietà contro l’omofobia. Parla però della Roma: «Camaleontica, brava a ripartire a pressare». Valori che amerebbe veder trasportati (stabilmente) nella sua Inter: «Squadra organizzata e intensa, non a caso è dietro la Juve». Sa che Hernanes non può aiutarlo: «Non sta bene, non si allena bene, ma lo porto in panchina». Sa che per Zanetti e Cambiasso il verbo giocare non va più necessariamente coniugato al presente: «Ma c’è ancora spazio per lui». Ma neppure lui stesso è certo di restare, con questi chiari di luna. Garcia, al suo confronto, è fermo come un Marc’Aurelio e venerato come un saggio zen, come un’icona pulita.
Con 57 punti in 24 partite è il tecnico straniero che ha fatto più punti nella stagione d’esordio in serie A davanti a Mourinho con 56 all’Inter nel 2008/9 e alla coppia Liedholm/Carver che rispettivamente nel 1964/5 al Milan e nel 1949/50 alla Juve arrivarono a 55 (mutando i 2 punti in 3). Dei tre l’unico a non vincere lo scudetto fu Liedholm (lo vinse proprio l’Inter che alla 9ª di ritorno schiantò il Milan in un derby memorabile per i nerazzurri: 5-2). Garcia si è portato via dall’infermeria i suoi precari di salute tenedoli per mano: «Torosidis, Gervinho e Pjanic stanno bene. Florenzi è disponibile (ma forse non ancora recuperato al 100%, ndr)». La Roma non è più prima come lo era all’andata ma forse è ancora più solida perché nel frattempo ha attraversato le maleodoranti terre della paura (l’era della pareggite, la batosta con la Juventus, l’uscita in Coppa Italia) rimanendo se stessa, senza scomporsi. Forte di giocatori creativi e muscolari, di cui 13 già andati in rete (14 con Borriello). Forte soprattutto di Rudi Garcia. Può sembrare un dato ininfluente ma in 24 partite ha fatto un punto più di quanto non fosse riuscito a fare Luis Enrique in 38. Paragoni elettrizzanti e sogni intatti. Stadio nuovo compreso.
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