- Squadra
- Calciomercato
- Coppa Italia
- Video
- Social
- Redazione
ultimora
Amici, amicissimi, quasi fratelli. Con delle precise gerarchie, perché c’è il fratello maggiore e quello minore, ma sempre di parentele strette si tratta. Eppure stasera conviene darsi battaglia per davvero: la classifica lo vuole, non c’è amicizia che tenga. Il Livorno è alle soglie della disperazione e già un punto potrebbe essere poco, figuriamoci nessuno; l’Inter deve rimanere a galleggiare tra quarto e quinto posto, altrimenti del futuro (di tutti, Mazzarri compreso) non vi sarà certezza. Quindi bisogna darci dentro. Strana situazione, in effetti, perché Livorno e Inter sono club assai contigui, e non solo in nome dei cari vecchi tempi che furono: il nume tutelare è fin troppo ovviamente Armando Picchi, gloria nerazzurra euromondiale e livornese con quattro quarti di nobiltà, infatti gli hanno anche intitolato lo stadio dell’Ardenza. Per tacere di quell’unica volta in cui Livorno giocò una finale scudetto, quasi cent’anni fa (1920) e l’avversario fu l’Inter. Ma negli ultimi anni i rapporti si sono intensificati ed è stato tutto un fervore di prestiti e assistenze varie. Al punto che stasera il tema potrebbe essere quello dell’Inter che in campo si specchierà in se stessa più giovane, o nella futura Inter che affronterà i suoi avi, in uno straniamento simile a quello di Bowman, l’astronauta di Space Odissey che arriva su Giove e scopre che il tempo in fondo è una convenzione degli umani e nulla più. Al dunque, nella prima squadra del Livorno giocano Bardi, Mbaye, Duncan e Benassi, tutti fortemente indiziati di un ritorno alla casamadre a fine stagione, perché il piano di Thohir è quello: sono giovani, bravi o bravini a seconda dei casi, ma hanno stipemdi sostenibili e prospettive da valutare. E non basta, perché nel Livorno gioca Belfodil, prestito interista dello scorso gennaio, e anche Siligardi, uno che da prodotto del vivaio nerazzurro vinceva il Viareggio con Balotelli ma ora è a Livorno a titolo definitivo.
E non parliamo di Ruben Botta, che l’Inter ha parcheggiato a Livorno la scorsa estate per farlo recuperare da un brutto infortunio, salvo riprenderselo nel gennaio scorso guarito. Poi si potrebbe affondare fino alla Primavera amaranto, dove giocano sette piccoli interisti e l’allenatore è addirittura Sergio Zanetti, fratello del più noto Javier ed ex tecnico della formazione Beretti dell’Inter. Infine il cerchio si chiude con Stefano Capozucca, ds del Livorno ex Genoa, da anni in splendidi rapporti con la dirigenza interista. È fin troppo chiaro dunque che trattasi di scontro fratricida, se non proprio edipico, ma in cui sarà opportuno mettere da parte i sentimenti. Mazzarri frigge e si tortura nell’attesa della gara in cui spera di riprendere a vincere, dopo aver trovato solo un punto in due gare a San Siro. Ma il calendario gli fa trovare in rapida successione due avversari alla canna del gas, perché dopo il Livorno toccherà al Bologna, sabato prossimo a San Siro. Il tecnico medita l’esclusione di Guarin, opacissimo contro l’Udinese, e il reintegro di Rolando in difesa. Inutile sottolineare che Walterone, pur originario dell’Elba, è nato e cresciuto a San Vincenzo, quindi provincia di Livorno. Non se ne esce più, insomma. Sarà per questo che di recente è tornata di moda una vecchia storia, quella di Moratti che un giorno potrebbe acquistare il Livorno che fu di Picchi. Al cuor non si comanda, ma occhio alla classifica.
© RIPRODUZIONE RISERVATA