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Professionisti contro dilettanti non può che finire così: 3-0 e alzando spesso il piede dall’acceleratore, perché gli avversari veri saranno altri e in Islanda si doveva solo ottenere il risultato. L’Inter è già in Europa League senza aspettare il responso del ritorno del playoff a San Siro, giovedì 28. Più che una partita, o una contesa di qualsivoglia natura, quello interista è un tirocinio, uno stage al freschino di Reykjavik. Oggetto dell’elaborato: della circolazione di palla e suoi derivati contro un avversario passivo ai livelli di un punching ball. Lo Stjarnan vuole solo limitare i danni, non pensa neppure di poter fare il solletico al Golia italiano e abborraccia un calcio primordiale, di nessuna pressione sui portatori di palla e con un agonismo limitatissimo visto che si parla di nordici, insomma stanno semplicemente tutti dietro e ben raccolti, quasi col pudore di evidenziare l’abisso tecnico che li divide dai rivali, ad aspettare che l’Inter si stanchi di ruminare che poi forse qualcosa accadrà.
Perché in effetti i nerazzurri ruminano il pallone, girano in tondo senza mai trovare la strada della porta avversaria per 40 minuti. Una giostra cieca, una ronde per niente armoniosa o amorosa. Dodò spinge bene a sinistra e sarà il migliore, Jonathan fa lo stesso a destra ma con minore precisione, però le mezzali Hernanes e Kovacic sono troppo didascaliche e Icardi è assai impacciato, al solito, nei movimenti che dovrebbero far spazio a Botta o ad altri inserimenti. Mancano ritmo e spostamenti senza palla, e manca pure la partecipazione alla manovra di M’Vila e di almeno uno dei tre difensori che sono troppo bloccati dietro, così gli islandesi fanno pure una discreta figura, ordinati e precisini, nel loro stadiolo coi materassoni per il salto con l’asta o per il salto in alto adagiati sulla pista d’atletica, che sembra proprio un altro calcio, e infatti lo è. Evidenziano i loro impacci appena alzi il ritmo o ingarbugli i calci piazzati, infatti Ranocchia arpiona due bei palloni di testa, libero come l’aria in area avversaria (3’ e 24’) e sul secondo Finsen deve salvare sulla linea. Infine cominciano a flettersi quando gli interisti alzano il ritmo e vanno in confusione: su uno dei tanti cross di Dodò i due centrali Rauschenberg e Laxdal finiscono col pasticciare, uno pettina male il pallone e l’altro lo liscia, così Icardi non può fallire controllo e stoccata da sette metri (41’). E’ il minimo sforzo, poi arriva l’arrotondamento a inizio ripresa con tipica azione mazzarriana: imbucata (di Ranocchia) in profondità per Jonathan, cross da un terzino all’altro e chiusura di testa di Dodò, che forse a Roma inizieranno a rimpiangere.
Poi è solo controllo del territorio, Osvaldo entra e ostenta una forma imperfettissima ma nel finale trova la traversa, Handanovic salva su Finsen (39’), D’Ambrosio piazza il terzo da fuori area e infine c’è solo da pensare alle morbide poltrone del viaggio di ritorno: quattro ore di aereo, forse più faticose della partita, anzi dello stage.
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