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Intervenuto ai microfoni di Radio Anch'io Sport, Nicola Rizzoli, designatore degli arbitri di Serie A, ha parlato del Var e degli episodi arbitrali delle ultime giornate di campionato.
Il Var a chiamata?
Potrebbe essere una considerazione, non è un'idea che ci vede contrari: è una scelta fatta da un ente che gestisce le regole e il protocollo. E' un problema riscontrato in Italia rispetto ad altre nazioni, è un discorso di approccio alla materia che è vista in modo diverso. Io non avrei nulla contro, ma dobbiamo sempre considerare che siamo dentro ad una competizione che è mondiale e le regole devono essere uguali per tutti. Non è un argomento di discussione a livello internazionale quindi non si può fare. Probabilmente toglierebbe qualche polemica, provare non sarebbe male, ma non possiamo fare scelte personalizzate.
Perché spesso l'arbitro non va al monitor e si affida ai varisti?
E' la domanda che si sente maggiormente. Il calcio non è un scienza, le dinamiche e le qualità rendono il calcio bello: i dubbi possono essere tanti. Se dovessimo usare la tecnologia per togliere i dubbi, gli interventi del Var sarebbero tantissimi e inciderebbero molto sulle tempistiche. Quindi si va a correggere solo gli errori chiari ed evidenti: il protocollo e il Var non servono per redimere i dubbi. Se parliamo di errori il Var deve intervenire.
Qual è l'obiettivo di questo cambio?
Nel giro di qualche anno i varisti diventeranno professionisti e il rapporto di inferiorità con l'arbitro non esiste più. Posso capire la difficoltà di questo cambio, ma quelli più esperti sono quelli che ricorrono più al Var. Gli errori ci sono, ma non a livello di approccio al tema: un arbitro preferisce non sbagliare. Si tratta di riuscire ad interpretare ed applicare un protocollo estremamente restrittivo. Il termine chiaro ed evidente limita l'utilizzo: va perfezionato il protocollo. Il Var è un progetto giovane: per migliorare bisogna sbagliare e fare esperienza. Si può migliorare in base alle esperienze.
Gli orari delle partite?
E' una polemica in cui non vorrei entrare, non è questione di pomeriggio o sera, ma di complicazione del calendario: ci sono solo 6 giorni su 33 di pausa e questo mette in difficoltà i giocatori. La temperatura incide, ma vale per tutti: se gestita e divisa tra le varie società non la vedo un grande problema. Ma nessuno dimentichi che veniamo fuori da tre mesi di stop, si riprende in un contesto difficile: è la fase finale di un torneo, per giocarle tutte si ha un calendario fitto. Questo incide, come avere gli stadi vuoti.
Sono già stati dati 135 rigori: qual è il senso della variazione dell'involontarietà?
Non commento chi cambia le regole, noi ci limitiamo ad applicarle, che è la cosa più complicato. L'obiettivo è cercare di renderle più facili, ma non sempre viene raggiunto: ciò non vuol dire che non verrà perfezionato. Si voleva rendere più oggettivo il fallo di mano, ma la parte soggettiva resta ampia. Probabilmente c'è qualche rigore di troppo, ma anche di meno: c'è una concessione maggiore legata alla regola.
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