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Romagnoli (Repubblica): “Lukaku? Pare si sia confuso. Ma se fosse capitato a CR7 o Ibra…”

L'analisi del giornalista di Repubblica sulle dichiarazioni di Lukaku

Matteo Pifferi

Nel corso del suo editoriale su Repubblica, il giornalista Gabriele Romagnoli ha parlato delle vicende extra-campo di Romelu Lukaku, partendo da quanto dichiarato dal belga su Inter-Cagliari:

"Chiamate Sigmund Freud. Chiamate Pier Paolo Pasolini. Chiamate un traduttore. Ci serve l’interpretazione di Romelu Lukaku, campione belga approdato all’Inter e spesso incompreso. L’ultimo caso è stata la sua dichiarazione: «Contro il Cagliari a gennaio, giuro, ventitré giocatori su venticinque erano malati. Uno è quasi svenuto. Altri tossivano e avevano la febbre. Io sono diventato molto più caldo del solito. Non abbiamo fatto i test per il Covid 19, quindi non sapremo mai che cosa è successo». Pare si sia "confuso", concetto che gli viene spesso abbinato. Ha sbagliato le date (non erano appena rientrati dalla pausa) e i numeri (non erano 23). Ma se a dire una cosa simile fosse stato Cristiano Ronaldo o Ibrahimovic, ci sarebbe stata la stessa reazione? Lukaku ci pone un problema. Arriva la scorsa estate, conteso dalle due squadre che avanzano pretese sullo scudetto. Dirà: «Sull’Italia alcuni giocatori mi avevano avvertito». Chi? Come? Perché? Sta sul vago: «Ma la gente per strada è molto gentile, con tutta la mia famiglia». Seguono questi fatti, da mettere in fila. Alla seconda di campionato, a Cagliari, parte un coro di "buuu" nei suoi confronti. Si dirà che stava per tirare un rigore decisivo e quelle voci erano per scoraggiarlo. Nessun provvedimento verrà preso".

EPISODI RAZZISTI - "Dopo la sconfitta in casa contro la Juventus un senatore della Repubblica twitta: «L’Inter ha cambiato un grande centravanti col pisello confuso con un centravanti confuso dal pisello grande». Poi interpreterà: «Forse ho un po’ esagerato». Forse. Un po’. In una televisione locale un commentatore pronuncia questa frase, con intento elogiativo: «Lukaku nell’uno contro uno ti uccide. O c’hai dieci banane qui per mangiare, che gliele dai, oppure...». Nello spezzone su YouTube la frase sarà preceduta da un cartello che la definirà "involontaria". Il direttore della televisione, sospendendo chi l’ha detta, la giudicherà «pessima, perché poteva dare spazio a un’interpretazione razzista». Poteva. Alla vigilia di Inter-Roma, anticipo del venerdì, un quotidiano sportivo mette in prima pagina la foto di Lukaku e dell’avversario Smalling con il titolo "Black Friday". Seguiranno molte interpretazioni. La maggior parte (anche la mia) più tendente all’inopportunità che al dolo. Quella dell’interessato sarà severa: «Il titolo più stupido mai visto...fomenta il razzismo». L’ultima parola tocca a chi sperimenta sulla propria pelle. È diventato difficile comprendere che cosa dice un calciatore. O si esprime senza contraddittorio sui social o con la museruola della comunicazione societaria nelle interviste. Non lo è altrettanto capire il valore attribuito a quel che afferma. Soprattutto in alcuni casi".

PASOLINI - "Ai retroscena si dà credito nelle biografie scritte dopo la fine della carriera. Quel che viene rivelato durante, invece, non vale granché. Forse esagerano. Un po’. E gli altri: il pubblico, gli addetti ai lavori, i parlamentari tifosi? Stavano solo scherzando? Nel 1963 Pier Paolo Pasolini scrisse per Il Giorno "Reportage sul Dio", ritratto di un campione immaginario "Con tutta l’Italia tifosa, neocapitalistica ed erotica ai suoi piedi, in una domenica d’inverno". E decise di finire lasciandolo lì "nel pieno sole", evitando la caducità della gloria, l’ipocrisia dell’incomprensione".

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