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L'edizione odierna del quotidiano La Repubblica, nella rubrica 'Parola d'ordine' curata dal giornalista Gabriele Romagnoli dedica una pagina intera al tecnico nerazzurro Andrea Stramaccioni. Una pagina ricca di ironie su un allenatore che secondo Romagnoli dovrebbe scusarsi di essere così giovane e ricordarsi che Moratti lo ha preso perché costava poco. L'evocazione di Mourinho continua ad essere la teoria più amata dalla stampa e anche in questo articolo non manca. La classifica? Nessuno dice che non ha valore. Ma forse non é il caso di lasciarsi andare a facili entusiasmi. Ecco le parole di Romagnoli.
"Famolo Strama. È dalla prima di campionato che il giovin condottiero dell'Inter bussa alle porte di questa rubrica. Come direbbe lui: «Prima impari l'alfabeto, poi le parole, ed infine a fare le frasi». Par di vederlo, in estate, alla vigilia del torneo, disegnare le “o” e le “a”, punteggiare le “i”, sillabare: “In-ter”, con la bocca bella aperta per poi arrivare infine a dire che: «Prima di parlare dell'In-ter, bisogna sciacquarsi la boc-ca». Collutorio, grazie. E adesso parliamone pure. Partendo dalle sue (fin qui) ultime parole famose: «La classifica non è intelligente guardarla». Ma facendo subito qualche passo indietro per prendere la rincorsa. Strama è uno che ha capito, se non tutto, abbastanza. È arrivato a una panchina di serie A grazie a un brillante curriculum (10%), a un innamoramento di Moratti sulla via di Amsterdam (20%) e alla disperazione di chi (la Saras che a Moratti dà la paghetta) non ha più soldi da buttare in sagome di cartone (70%). Da lì in poi era tutta salita. E la spinta per superarla gliel'han data, prima ancora che i fatti, le parole. Messe insieme per fare le frasi. Strama si è studiato il modello di riferimento, l'uomo che ha rubato il cuore del presidente e della tifoseria: Mourinho. Ha cominciato a costruire, più che una somiglianza, un'evocazione. Un'eco lontana fatta, inevitabilmente, di parole. Prima della partita e del suo esito, Mourinho combatteva una battaglia verbale che metteva a lungo in secondo piano ogni altro risultato. Strama ne ha seguito le orme. Ha citato navi e rotte, risposto con veemenza alle accuse di provincialismo, incarnando l'orgoglio della città e della curva. Si è scelto, come ogni grande attor comico, una spalla che la butti in caciara, facendo fare a lui la figura dell'assennato: la sua si chiama Antonio Cassano. Gli fa pure gol, ma prima ancora gli regge il duetto, ispirando la battuta (ultima: «Gli tiriamo anestetici con la cerbottana»). C'è una levità nel cronista quando, alla conferenza stampa infrasettimanale o a quella domenicale proclama: «Andiamo a sentire Strama». Sa che porterà a casa un titolo, un occhiello, un sommario. Come a dire: un tre a zero a tavolino. Le partite? Spiacevoli intermezzi tra una dichiarazione e l'altra. La classifica? Una colonna di numeri, una specie di tabellone del bingo sospesa sulla testa dell'annunciatore. Guardarla non è intelligente. Eppure. Eppure ci sono almeno due motivi per cui Strama dovrebbe pensare, e soprattutto dire, il contrario. Il primo è di natura oggettiva: la classifica è la sola forma di realtà alla quale possiamo aggrapparci. Poi non è detto che sia anche una forma di lealtà al reale. Per anni abbiamo guardato graduatorie in cui figurava per primo Lance Armstrong e adesso le azzeriamo. Spesso gli interisti, con il senno di prima o di poi, tendono a non riconoscere le classifiche in cui è prima la Juventus, ma fino a prova o verdetto contrario queste sono le cifre, i fatti, l'unica possibile verità. Gran parte degli uomini passa la vita a boicottare il principio di realtà, a lamentarsi di quel che potrebbero essere stati e non sono. Se solo... Ma non valgono i romanzi nel cassetto. Non si riaprono le sliding doors. Non c'è un universo parallelo e, alla fine, il destino non è ingiusto. Nel 99% dei campionati la graduatoria corrisponde al valore. Come nella vita arriviamo più o meno esattamente dove meritiamo. Per questo guardare e riverire la classifica è intelligente. È riconoscere il primato dei fatti su quello delle intenzioni. Risultati, non chiacchiere e distintivo. Quei numeri incolonnati esprimono con una semplicità ineguagliata il senso degli accadimenti. Strategia, tattiche, schemi, perché no fortuna, ridotti a comune denominatore, spremuti in una cifra che diventa identità. La Juventus imbattuta da 47 partite è il numero e la posizione che occupa, innegabilmente. E qui entra in campo il motivo di natura soggettiva per cui Strama dovrebbe guardare la classifica. E sorridere. Perché in quella lista la posizione e il punteggio della sua Inter (terza a 18 punti) sono la cosa migliore che possa esibire. Il gioco? Oddio, qualche fiammata nel secondo tempo contro il Catania e nel lontano match a Pescara (a Pescara!), un derby vinto per un'oasi striminzita contro un deserto e una lezione rimediata contro la Roma. Ma, ehi, se vale quel che ho detto prima, la classifica dell'Inter, leggila come ti pare, è giusta e tutto il resto, Strama incluso, sono chiacchiere".
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