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Andrea Romeo dopo 28 anni, ha lasciato l’Aia dimettendosi. Il motivo? L’ho ha spiegato direttamente lui in un’intervista alla Gazzetta dello Sport: “Le mie dimissioni? Atto d’amore verso la categoria: ho arbitrato in A fino a giugno e mi sento ancora uno del gruppo. Non permetterci di parlare è un errore. I tempi sono cambiati: dovremmo spiegare sempre le nostre scelte. La chiami pure “operazione simpatia”: adesso siamo sempre sotto attacco e spesso in modo strumentale. Non mi sono dimesso perché ho firmato con altri; . I fatti sono questi: mi ha invitato Bonan a Sky per parlare in modo pacato delle difficoltà degli arbitri. Ho pensato: “Bella occasione per spazzare via un po’ di stereotipi”. Ero sicuro di avere l’autorizzazione. Nicchi mi fa: “Andrea, non è il momento”. La verità è che non è mai il momento giusto, mentre in altri Paesi è un fatto normale. Il presidente forse pensa di proteggerci, ma siamo sempre più isolati. E diventiamo facili bersagli. Ci sono andato lo stesso? Prima mi sono dimesso. Conosco le regole: ero nei quadri tecnici della Serie D. Non ho dormito una notte, ma poi sono stato bene. Ho ricevuto tante telefonate dei colleghi in attività: sono con me. Sa perché? Non permetterci di parlare è un grave errore. Una cosa fuori dai tempi: per i tifosi siamo quelli da insultare, sbagliamo in malafede. La nostra voce non si sente mai: chi vuole ricamarci sopra ha vita facile. Dovremmo uscire da questa logica, non dico di parlare alla fine della partita, ma dopo un paio di giorni. Spiegare il nostro punto di vista, far capire i nostri sacrifici, aprire le porte di Coverciano, far vedere le nostre ansie. E scusandoci per gli errori commessi invece di fare spallucce. Il silenzio è controproducente. Anche perché chi parla di noi in tv spesso usa toni sprezzanti”.
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