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Ronaldo: “Inter? Servirebbe un altro documentario per raccontare quel 1998”

Ronaldo Fenomeno Inter
In occasione della presentazione del film che uscirà su Dazn il 2 novembre, Ronaldo ha parlato del suo passato, ma anche del suo presente

Andrea Della Sala

In occasione della presentazione del film che uscirà su Dazn il 2 novembre, Ronaldo ha parlato del suo passato, ma anche del suo presente.

Un frame. Lei giovanissimo che intervistato dice che ha paura di farsi male. Un presagio?

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«Io vengo da una generazione nella quale in campo picchiavano tanto. Madre mia. Le partite non erano come oggi che ci sono 15-20 telecamere, in un Clásico 60, al Mondiale mille. Oggi si vede tutto. Ai miei tempi i difensori ti minacciavano, ti sputavano, ti pestavano i piedi, ti picchiavano. Sono cresciuto come un sopravvissuto».

Altro frame. Parlando con Roberto Carlos definisce i giocatori come gladiatori.

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«Io mi sentivo esattamente così. Eravamo come dei guerrieri, ci buttavano nell’arena per vedere chi ne usciva vivo. La pressione che avevo addosso mi spingeva sempre più verso il basso e un ragazzo così giovane non sa come comportarsi, come affrontare cose tanto grandi. Oggi tutte le squadre hanno uno psicologo, noi eravamo soli, nessuno parlava di salute mentale. Ho fatto una gran fatica, e ho imparato tanto prendendo ceffoni da ogni parte. Due anni e mezzo fa ho iniziato a fare terapia e la cosa mi ha aiutato a capire meglio anche cosa ho sentito prima».

Oggi dirige due club, il Valladolid in Liga e il Cruzeiro in Brasile, come vive la cosa?

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«Malissimo! Sono nervoso, è dura vedere le partite dal palco. Sono stato giocatore e le cose in campo mi sembrano più facili di quanto non siano. E quando i giocatori sbagliano da una parte mi dà fastidio e dall’altra mi fa star male per loro».

Berlusconi?

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«Sono stato poco al Milan, però conservo grandi aneddoti: veniva nello spogliatoio a dirci come dovevamo tirare i calci d’angolo. Erano un po’ di partite che non segnavamo su corner e veniva lui a farci vedere come andavano tirati. Ancelotti, un maestro incredibile che sapeva sempre tutto, ci faceva ascoltare. Diceva “Sì, sì, sì”. Poi, quando usciva Berlusconi: “Torniamo alle nostre cose”».

Ha mai pensato di allenare?

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«No, no, no. Io quella tappa l’ho saltata, mi sono comprato direttamente le squadre. Però non interferisco nelle scelte dell’allenatore eh? L’idea della panchina non mi ha mai attratto. Zero. Mi uccide. Perché hai la stessa routine di quando giocavi, ma lì almeno fai quello che devi fare e finisce lì. Come allenatore devi gestire 25 persone, giovani, “cabrones” che non vogliono fare altro che fotterti. No, impensabile. Però ammiro moltissimo la categoria, gli allenatori sono innamorati del calcio e sopportano cose che io non tollero».

Ha citato Ancelotti già due volte.

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«Carlo per me è, e con grande distacco, la persona migliore mai esistita nel mondo del calcio. È un amico per tutti, non solo per me. Tutti gli vogliono bene, e poi come allenatore è incredibile, per qualità, visione, capacità di capire i giocatori. Si merita tutto quello che ha vinto, per professionalità e carattere».

Parliamo del calcio italiano.

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«Guardo con attenzione la Serie A e anche la Serie B, perché sono un malato di calcio, ma soprattutto perché con l’Italia ho una relazione speciale. Il momento è complicato, ma credo che non tutti i mali vengano per nuocere. Il fatto che l’Italia non si sia qualificata per i Mondiali per due volte consecutive genera un dibattito su cosa bisogna fare e credo che ora tutti abbiano in testa la soluzione. Il campionato deve migliorare e per farlo devono esserci maggiori introiti, i club devono guadagnare di più. Bisogna investire sui giovani e nel calcio di base, cercare più talento locale e trovare un equilibrio tra italiani e stranieri. La Serie A per anni è stato il miglior campionato del mondo e sapete come fare le cose. È vero che l’industria calcio è migliorata tanto in tutto il mondo, però l’Italia ha la qualità migliore: la passione. La gente è innamorata del calcio e questa è la cosa più importante. Ora vedo che ci sono tanti investitori stranieri. È vero che Juventus, Milan e Inter hanno difficoltà economiche, ma credo che in Italia ci sia un potenziale incredibile, e penso che le cose possano migliorare rapidamente: chi investe in Italia oggi prende i club a un prezzo eccezionale e il loro valore crescerà tantissimo».

Chiudiamo da dove siamo partiti, dal film. Iniziate dal 1998, ma non avete messo l’epilogo turbolento di quel campionato di Serie A.

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«Perché l’idea era quella di fare da Mondiale a Mondiale, 1998-2002, con la nazionale e gli infortuni. Però quella storia dell’Inter dobbiamo raccontarla per bene, ci vuole un altro documentario. Ho visto la serie su Moratti e l’ho trovata spettacolare, ma è vero che ci sono ancora tante cose da dire».

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