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Si dice: servono difensori con i piedi buoni.
—«Sì, è corretto. Ma io penso che un ragazzo che arriva in Nazionale abbia le qualità tecniche per costruire l’azione dal basso. Non sono mica degli scarponi, gli azzurri. E poi, altra cosa da sottolineare, non è una questione che riguarda soltanto i difensori. Anche i centrocampisti devono smarcarsi per ricevere il passaggio e anche gli attaccanti devono muoversi per indirizzare la manovra».
Spesso, invece, gli italiani, per abitudine, aspettano il pallone da fermi.
—«Questo è il vero problema. Se stai fermo, diventi un bersaglio per l’avversario. Ai miei giocatori, quando ero al Milan e in Nazionale, lo dicevo sempre: guai a voi se non vi muovete! Il calcio è uno sport collettivo, invece noi continuiamo a concepirlo come se fosse una disciplina individuale. Spalletti sta lavorando per cambiare questa mentalità, e non è un compito facile. Però lui ha dimostrato, vincendo uno scudetto con una squadra di semisconosciuti, di essere la persona giusta al posto giusto. Non è un mago, ma è bravo e sono sicuro che, da qui all’Europeo, riuscirà a trovare l’assetto migliore per la Nazionale. Purtroppo ha poco tempo e non ha a disposizione un blocco di giocatori provenienti da un solo club».
In conclusione, costruire o no dal basso?
—«Sì, se gli interpreti lavorano molto in allenamento e se i meccanismi diventano quasi automatici. Bisogna provare e riprovare. All’inizio è normale pagare un conto salato. L’Inter, ad esempio, sta dominando il campionato, costruisce da dietro e lo fa benissimo. Ma Inzaghi, rispetto a Spalletti, ha i calciatori a disposizione tutta la settimana e mica soltanto pochi giorni in un mese».
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