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Nel suo editoriale sulla Gazzetta dello Sport, l’ex ct della nazionale, Arrigo Sacchi, dice la sua sulla partitissima di questa sera tra Juventus e Inter e sui due tecnici, Allegri e Mancini: “Juve-Inter il classico. I bianconeri primi, i nerazzurri undicesimi. Entrambe le squadre hanno cambiato il tecnico, la Juventus dopo il raduno dell’estate scorsa, l’Inter solo da cinque partite. Sono stati due giocatori tecnici, Mancini addirittura un talento di valore mondiale, Allegri di buon livello. Oggi sono due tecnici affermati già vincenti del campionato italiano. La differenza di punti tra le due squadre è abissale, tuttavia vista la storia dei due club l’esito potrebbe essere più incerto di quanto la classifica non dica.
I bianconeri vengono da tre campionati vinti consecutivamente, le dimissioni di Conte hanno creato preoccupazione nella tifoseria. Ad Allegri spettava il duro compito di sostituirlo e lo sta facendo con merito. Se il compito di Allegri era difficile quello di Mancini lo è ancora di più. Gli allenatori non sono dei maghi e poi, se sono più maestri che gestori, la cosa si complica.
Allegri in questi anni ha dimostrato in particolare grande duttilità, pragmatismo e capacità di utilizzare al meglio il singolo e di essere un eccellente gestore degli uomini. Il suo calcio ha impressionato per la capacità di esaltare i solisti. Ha gestito il dopo Conte in modo mirabile. È entrato nello spogliatoio juventino con sagacia, non ha fatto stravolgimenti. Il cambio di sistema di gioco non può essere una rivoluzione a meno che non cambi l’utilizzo dei singoli. Oggi la difesa gioca con quattro in linea: due difensori centrali contro due attaccanti quindi a sistema puro. Se si giocasse con la difesa a tre e anche in questo caso fossero tre contro tre sarebbe sempre sistema puro. Non cambierebbe nulla. Se invece i tre difensori fossero contro due o un attaccante, le cose sì cambierebbero: i giocatori in più in difesa privilegerebbero la difesa a discapito del possesso e del gioco offensivo.
Allegri ha avuto come allenatore Galeone, al quale piaceva l’estetica del gioco, essendo un ottimista con senso dell’avventura. Max può avere lo stesso ottimismo, ma ancora le sue squadre difettano di uno stile di squadra intrepido e determinato. Fanno un po’ di tutto, ma non sempre con la convinzione e la chiarezza necessarie.
Mancini ha maturato una grande esperienza in Inghilterra dove ha vinto un campionato e onorato il nostro Paese. Gli anni trascorsi nella nazione che ha inventato il calcio, e che lo gioca in modo offensivo come i padri fondatori volevano, lo hanno indubbiamente arricchito e completato. Oggi si è allontanato dallo stereotipo del calcio italiano per interpretarlo con più coraggio e completezza. Roberto mi sembra più sicuro e convinto, cerca di portare le sue convinzioni alla nuova squadra che era stata concepita con un’idea tutta italiana. Il calcio che vorrebbe vede il gioco come leader e dovrebbe aiutare i giocatori a realizzarsi compiutamente. Tuttavia dovrà avere molta pazienza per completare il suo progetto con il mix italo-inglese. Inoltre si dovrà avvalere della collaborazione del club e in particolare dei calciatori, senza i quali sarà difficile in breve tempo far ripartire la macchina nerazzurra. Sono due allenatori ottimisti, credono nel bel gioco: forse oggi Mancini lo interpreta più da maestro e Allegri da gestore. Comunque in un senso o nell’altro due eccellenze.”
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