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Certamente molto hanno influito gli infortuni che hanno falcidiato la squadra di Pioli, ma a mio avviso gran parte delle ragioni di questo andamento stanno nel mercato estivo. Quando si comprano tanti stranieri, non abituati al campionato italiano e magari reduci da stagioni non brillantissime, è normale avere qualche problema di assemblaggio: i giocatori devono adattarsi non solo a un nuovo stile di calcio, ma anche a una nuova realtà sociale. In questi casi servirebbe la pazienza, ma chi ce l’ha nel calcio? Nessuno. I dirigenti e i tifosi di oggi pretendono tutto e subito, e a me invece hanno insegnato che per far nascere un bambino sono necessari nove mesi...
A conti fatti, comunque, il Milan è terzo in classifica e, se raddrizza la rotta, ha ancora la possibilità di agganciare le due fuggitive Inter e Juve. Non sta impressionando a livello di gioco, questo è vero, ma non si può parlare di stagione disastrosa o al di sotto delle aspettative, a meno che queste non fossero vincere la Champions League e pure lo scudetto. Inoltre ai rossoneri si è aperta la porta dell’Europa League, una vetrina importante e prestigiosa. Il Milan non l’ha mai vinta, uno stimolo in più per dare il duecento per cento in questa manifestazione e per mostrare miglioramenti sul piano della manovra. Ciò che sorprende della squadra di Pioli è che, a volte, non sembra un collettivo: si vedono giocatori sparpagliati per il campo senza un filo conduttore che li leghi. Non sempre, però. Infatti, quando riescono a giocare «da squadra», i rossoneri sono in grado di tenere testa a chiunque. Si tratta di lavorare tanto in allenamento, per far capire ai giocatori i concetti-base che l’allenatore vuole trasmettere, poi anche sulle teste dei ragazzi.
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