Nel corso di un'intervista a La Gazzetta dello Sport, l'ex CT dell'Italia e allenatore del Milan Arrigo Sacchiha spiegato le difficoltà di giocare a distanza ravvicinata, col fattore caldo che potrebbe risultare decisivo come accadde ad USA 1994:
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Ripresa Serie A, Sacchi: “Preparazione decisiva ma la testa conta più dei piedi. Gli allenatori…”
Le parole dell'ex CT e allenatore a La Gazzetta
«La cosa più importante, quando si giocano partite ravvicinate, ogni 3 giorni, è recuperare le forze. Noi non ne avevamo la possibilità, perché dormivamo con l’aria condizionata accesa che non aiuta nel recupero. Fu una battaglia con il clima: non si respirava».
E gli allenamenti?
«Anche quelli furono un problema. La mia Italia si basava sull’aggressività, sul pressing, sulla corsa. Avevo bisogno di fare allenamenti specifici, ma non ci si riusciva per il troppo caldo e la troppa umidità. Svegliavo i ragazzi alle 6 del mattino e andavamo in campo alle 7, ma la temperatura era alta. In sostanza, si poteva fare soltanto un lavoro di mantenimento. Noi, in campo, spendevamo molte energie, eravamo una squadra generosa, e poi non riuscivamo a recuperarle».
Però riusciste ad arrivare in finale e perdeste soltanto ai rigori contro il Brasile che era sempre rimasto al fresco della costa ovest.
«Il mio era un gruppo coeso: i giocatori, lo staff, i medici, i massaggiatori. Tutti ragionavano seguendo lo stesso metodo. Alla lunga l’uomo riesce a dominare la natura, anche se vi assicuro che in quel caso fu piuttosto complicato...».
Ci racconti un episodio.
«Arrivammo in California qualche giorno prima della finale. Avevo pensato di fare un allenamento alla sera, perché l’aria era più fresca. I medici e i massaggiatori mi dissero: “Arrigo, i ragazzi non hanno più muscoli. Sono svuotati”. Allora cercai di lavorare sull’aspetto psicologico: ho sempre pensato che la testa sia più importante dei piedi. E tenemmo botta con il Brasile anche se nell’intervallo mi lamentai: “Non possiamo attaccare soltanto con tre giocatori, non arriviamo da nessuna parte”. E i ragazzi: “Mister, se andiamo avanti, non abbiamo più le forze per tornare indietro”. Capii che era un’impresa ciclopica».
Per fortuna vi eravate allenati bene prima di partire.
«Il periodo di preparazione fu fondamentale. Come lo sarà anche adesso. Le squadre che si troveranno meglio saranno quelle che avranno messo più benzina nei muscoli. Chi ha un gioco più dispendioso, ad esempio l’Atalanta, potrà essere svantaggiata. Ma Gasperinisa come comportarsi e avrà già prevenuto il problema».
Il segreto per superare le difficoltà?
«L’organizzazione di gioco. Se in campo sai quello che devi fare, allora parti in vantaggio sull’avversario. L’Atalanta si muove in modo sincronico, corre molto, ma corre bene. Non tutti, in Italia, corrono bene. Può darsi che, in questo strano finale di stagione, le squadre più conservatrici, quelle che si concedono di meno, abbiano qualcosa di più sul piano fisico».
Un ultimo suggerimento?
«Agli allenatori dico: tirate fuori dai giocatori tutto l’entusiasmo che hanno. Arriverete lontano, perché sono le doti morali a determinare il successo».
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