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"È finita 1-0 per la Spagna, ma dobbiamo essere onesti e ammettere che ci è andata bene: loro potevano tranquillamente segnare 5 o 6 gol, mentre noi non siamo mai stati pericolosi dalle parti di Unai Simon. Ho visto subito che sarebbe stata una serata complicata: gli azzurri parevano spaesati, quasi intimoriti, e questo atteggiamento è figlio di una mentalità che gli italiani si portano dentro da sempre. Noi non sappiamo ragionare «da collettivo», noi (intendo, come popolo) andiamo ognuno per i fatti nostri, siamo individualisti. La Spagna, al contrario, è stata un’architettura perfetta, ma per loro è più semplice: tutte le squadre spagnole giocano in quel modo, hanno nel Dna il desiderio di dominare l’avversario, di tenere il pallone, di andarlo a rubare quando lo perdono. I ragazzi di De la Fuente non fanno altro che muoversi in campo esattamente come capita loro di fare per tutta la stagione, mentre gli azzurri, se vogliono essere un collettivo, devono cambiare totalmente lo stile di gioco che praticano nei club.
Parlavo prima degli errori in fase difensiva e, poiché una squadra di calcio è collegata da un filo sottile che tiene tutti assieme, è naturale che le difficoltà là dietro non abbiano consentito lo sviluppo della manovra in avanti. La Spagna ci ha aggredito in ogni zona, non si riusciva a tenere il pallone, e non lo hanno fatto giocatori che nella nostra Serie A sono tecnicamente validi, come ad esempio Dimarco. Perché, dunque, questa difficoltà? Semplice: la Spagna ci ha costretto a giocare a una velocità e un ritmo che sono al di fuori della nostra portata. A quella velocità e a quel ritmo, diventa difficile anche un banale controllo o un passaggio di due metri: non siamo abituati a questa intensità e sono emersi i nostri limiti. Ho sentito qualcuno sostenere che i nostri attaccanti non sono stati serviti: vero, ma loro quanto si sono mossi per ricevere il pallone? Scamacca è stato poco attivo, non ha dettato i tempi, non ha suggerito il passaggio, non è venuto incontro e non ha attaccato la profondità. Ma non si dia la colpa a lui, come non la si deve dare a Spalletti. Abbiamo ancora la partita contro la Croazia per poterci guadagnare la qualificazione, e in più dovremo dimostrare di aver imparato la lezione che la Spagna ci ha dato. Nessun dramma, dunque. Ma molta umiltà per capire dove abbiamo sbagliato.
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