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L’Inghilterra è una formazione decisamente più fisica, però contro la tecnica spagnola non c’è stato nulla da fare. Ottime giocate individuali di qualche inglese, penso soprattutto a Bellingham e a Palmer, ma non può essere sufficiente per fermare una gioiosa macchina da spettacolo come la Spagna. Nel complesso la partita è stata bella, divertente, soprattutto nella ripresa. Il pubblico si è emozionato nell’osservare la coralità della manovra spagnola, unita a qualche numero dei suoi bravissimi interpreti. Il primo gol di Nico Williams è stato davvero fantastico: azione che si è sviluppata sulla fascia destra in velocità, rapido cambio di fronte con un assist perfetto di Yamal per Williams che ha colpito. Applausi meritatissimi. Giusto anche sottolineare la grinta dell’Inghilterra che ha cercato in tutti i modi di restare dentro alla partita. La nazionale di Southgate era alla seconda finale consecutiva e questa volta la coppa voleva alzarla. Il gol di Palmer, stupendo per preparazione e per esecuzione, ha tenuto viva la sfida, anche se la superiorità della Spagna era piuttosto evidente. Tant’è vero che l’Inghilterra, abituata a fare possesso-palla, in quest’occasione ha dovuto cedere il bastone del comando agli avversari e si è preoccupata di coprire gli spazi in fase difensiva.
Della Spagna mi sono piaciute alcune cose che ho sottolineato e che mi piacerebbe rivedere nel campionato italiano. Uno: i raddoppi di marcatura in fase di pressing. I tempi dell’aggressione erano sempre corretti e in questo modo i reparti sono rimasti sempre compatti. Due: i giocatori hanno sempre ricevuto il pallone in movimento, non dando punti di riferimento agli inglesi. Tre: ottimi smarcamenti sia in posizione centrale sia in posizione laterale. È così che si crea il possesso-palla, facendo superiorità numerica nella zona dove si sta svolgendo l’azione. Mi auguro che certi principi vengano recepiti anche dalle nostre squadre: questa è la lezione che dobbiamo imparare e per la quale dobbiamo lavorare. Non esistono scorciatoie: si vince se si gioca bene. E per giocare bene bisogna fare come hanno fatto questi ragazzi spagnoli, dimostrando coraggio, qualità tecniche e tattiche, spirito di sacrificio, voglia di correre e di divertirsi. Il gioco della Spagna è trascinante, nel senso che si porta dietro tutto il pubblico: il pallone avanza nella metà campo avversaria e gli spettatori lo accompagnano. Così l’emozione diventa totale: quella dei giocatori si unisce a quella della gente in tribuna. È l’abbraccio perfetto al quale tutti gli allenatori di tutto il mondo dovrebbero puntare: il calcio è meraviglioso quando è spettacolo, quando regala allegria.
A conti fatti, e ripensando a tutte le partite di questo torneo, direi proprio che la Spagna ha strameritato il titolo europeo. Non c’è stata squadra che abbia giocato meglio di quella di De la Fuente. Non c’è stata squadra che abbia mostrato talenti tanto forti quanto quelli della Spagna: il pensiero, è logico, va a Lamine Yamal e a Nico Williams. Sono i due calciatori che hanno lasciato il segno in questa manifestazione, ma mi piace sottolineare come questo sia stato un Europeo che ha visto il trionfo del gioco, del collettivo. Ha vinto un’idea di squadra, non ha vinto un singolo. Questa è la strada da seguire.
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