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Lunga intervista concessa da Arrigo Sacchi ai microfoni della Gazzetta dello Sport. L'ex allenatore ha messo a confronto Sarri, Conte e Ancelotti:
Sarri e Conte si stanno prendendo la scena. Lei, che li conosce bene, ce li descrive?
«La prima cosa da dire è che il loro ritorno in Serie A farà bene a tutto il calcio italiano che è rimasto indietro di settant’anni. Così come sta facendo bene il rientro di Ancelotti. Poi, dal punto di vista tecnico e caratteriale, i due sono molto diversi pur avendo un’identica filosofia: il gioco dev’essere la guida della squadra e i calciatori migliorano se seguono la trama. Sono entrambi sceneggiatori: scrivono il film e i loro ragazzi lo interpretano, liberi di aggiungere le loro qualità di fantasia e di imprevedibilità».
Sarri che tipo di manovra disegna?
«Maurizio è un esteta, gli piace il possesso, va a prendersi il dominio del campo col pressing. Le sue doti si sono viste quando è stato alla guida del Napoli, e prima ancora dell’Empoli. Forse un po’ meno nell’ultimo anno al Chelsea, ma semplicemente perché i giocatori non sempre lo seguivano. A San Siro, contro il Milan, una volta ho ammirato il suo Empoli tenere in mano la partita, dettare i ritmi del gioco anche se di fronte aveva un avversario decisamente più forte».
E Conte che allenatore è?
«Rispetto a Sarri è meno paziente, cerca subito la verticalizzazione per le punte. Il suo gioco è più immediato, fa meno pressing e, di conseguenza, le sue squadre sono un po’ più lunghe. Un esempio: l’Inter che ha vinto a Cagliari, quando doveva difendersi, indietreggiava anziché fare un passo in avanti e aggredire il nemico».
Tattica saggia, no?
«Non condivido. Dalle mie parti si dice che non ci si porta il becchino in casa: non si consente all’avversario di avvicinarsi alla porta. Ma l’Inter, da molto tempo, è una squadra che rincula, serve tempo per modificare la mentalità».
Che cosa le è piaciuto dell’Inter di Conte nelle prime due gare di campionato?
«Il carattere, la volontà, lo spirito di sacrificio e la voglia di aiutarsi. Se hai queste qualità, hai la possibilità di arrivare lontano. Conte, ben sorretto dalla società, è stato bravissimo a eliminare i giocatori che non riteneva utili al progetto, e mi riferisco a Icardi, Perisic e Nainggolan. Adesso sta costruendo un gruppo al quale deve dare una mentalità vincente, la sua mentalità. Ha una passione incredibile per il suo lavoro e riesce a trasmettere l’entusiasmo a tutto l’ambiente».
Più semplice il lavoro di Sarri o quello di Conte?
«Decisamente più difficile quello di Sarri, e vi spiego il motivo. È arrivato in una squadra che ha vinto tutto e adesso lui deve proporre un calcio completamente diverso. Significa che bisogna convincere prima di tutto i giocatori, tirarli dalla propria parte e renderli partecipi del progetto. Il ruolo della società sarà determinante, soprattutto nei momenti di difficoltà che inevitabilmente ci saranno. Anche per me, al Milan, fu così. Però, lo ripeto, se alla Juve riesce questa rivoluzione il calcio italiano ne trarrà enormi benefici perché i bianconeri possono fare scuola e trainare gli altri».
E Conte, invece?
«All’Inter non vincono dal 2010, hanno fame di successi, non c’è bisogno di convincere nessuno. E poi Antonio ha scelto giocatori con la testa sulle spalle, penso a Lukaku, pronti ad aiutare il compagno anziché mandarlo a quel paese se sbaglia un cross. Solo che si deve costruire, piano piano, la mentalità vincente».
Tra Sarri e Conte come vede l’allievo prediletto Ancelotti?
«In apparenza, calmo. Ma dentro sono sicuro che gli ribolle il sangue. L’ho sentito, mi ha detto un gran bene di Lozano. Sono convinto che il Napoli stupirà, magari in Champions».
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