Intervenuto ai microfoni de La Stampa, Antonio Salcedo, padre di Eddie, attaccante dell'Inter in prestito al Verona, ha parlato così dopo il primo gol del figlio in Serie A:«Io e mio figlio abbiamo vissuto una delle giornate più emozionanti della nostra vita. Balotelli? Non ho sentito gli ululati, ma va rispettato, ha dato e darà tanto all’Italia: bisogna cambiare mentalità».
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Salcedo, il papà: “Il gol? Giorno più emozionante della mia vita. Gli ululati a Balotelli…”
Le parole di Antonio Salcedo a La Stampa
Signor Salcedo, come sta?
«Sono troppo contento. La settimana scorsa avevo in programma un viaggio in Colombia ma c’è stato un inconveniente e così per fortuna domenica ero a Verona. Non mi sarei mai perdonato di non esserci mentre Eddie faceva il primo gol in A con quel bel colpo di testa. In Colombia giocavo a basket, Eddie mi chiede spesso consigli sui movimenti nei salti, ha anche un fratello, Andres, che era un campioncino di salto in lungo: abbiamo nel sangue certi gesti atletici».
Come avete festeggiato?
«In modo semplice: famiglia e amici. Dopo la partita mi ha detto: “Papà, portami subito a Genova, voglio stare un po’ a casa”. È molto legato alla sua città, come è lo è ancora al Genoa che lo ha cresciuto. Ma è normale, lui è genovese...».
E italiano. Ha sentito le dichiarazioni dell’ultrà del Verona? Dice che Balotelli non è del tutto italiano...ma che anche nell’Hellas c’era in campo un “negro” che ha fatto gol ed è stato applaudito: che idea si è fatto?
«Allo stadio c’era tanto frastuono e non ho sentito i “buuu” per Balotelli, ma se lo hanno offeso mi spiace molto e anche Eddie era dispiaciuto. Balotelli è un giocatore forte, che ha fatto tanti gol in Nazionale. Bisogna capire che avere calciatori con origini diverse è una ricchezza, una forza in più, basta guardare la Francia. Anche Eddie ha giocato già nelle giovanili azzurre e per lui è stato un grande orgoglio. È legato alle sue origini in Colombia, ma è nato e cresciuto qui e si sente italiano».
Suo figlio è mai stato vittima di razzismo in campo?
«Devo dire che non ha quasi mai avuto problemi, anche a Verona si trova molto bene. Io però gli ho sempre detto che se succede qualcosa non deve reagire ma usare la rabbia nel gioco, nel calcio, e rispondere con giocate da campione».
Ha dedicato i gol ai nonni.
«Uno materno e uno paterno: entrambi non ci sono più. Anche mio padre ha giocato a calcio in Colombia, da piccolo gli diceva: “diventerai calciatore”. E ora ha fatto il primo gol in A: vederlo così felice dopo tanti sacrifici è la cosa più bella che ci possa essere».
Ma è vero che vi sfidate spesso alla Playstation?
«Sì, che battaglie, ma mi batte sempre. È un modo per stare insieme, parlare un po’: questi ragazzi all’improvviso guadagnano dei soldi, diventano grandi, famosi, ma è fondamentale che restino semplici, umili, con i piedi per terra. E in questo Juric è fondamentale: lo sgrida, gli urla, lo sprona, e gli fa dare il meglio».
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