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Cosa deve cambiare?
«Non è possibile che in nome del risultato, tutto sia giustificato. Cambiare una cultura non è per nulla facile. Ma per costruire un ambiente formativo è necessario investire sulla base, per esempio investendo sulla promozione del calcio a 5 nel sistema scolastico».
Le rivoluzioni culturali hanno bisogno di gesti concreti: da dove si può partire?
«Sarebbe importante avere un progetto unico, mentre in Italia ci sono sette componenti che si occupano di calcio giovanile e diventa un limite. Un esempio? La Primavera 1 è diventata Under 20, gli altri livelli (Primavera 2, 3 e 4) non si sono uniformati. Ci sarebbe bisogno di una sorta di commissariamento per individuare una strada comune».
Per alcuni alzare l’età della Primavera è sbagliato. Che ne pensa?
«Tenere i ragazzi nel mondo giovanile non è propedeutico alla crescita, ma d’altra parte le seconde squadre non hanno ancora attecchito».
La formazione degli allenatori è valida?
«I corsi per allenatori e per responsabili dei settori giovanili, questi ultimi introdotti grazie a Demetrio Albertini presidente del settore tecnico e scolastico, ce li invidiano all’estero. Ma l’impatto dell’ambiente da noi è devastante per la crescita di tutti, non solo dei ragazzi».
Ora tutti i riflettori sono su Camarda nel Milan U23. È giusto che sia così?
«Lui è la classica eccezione che conferma la regola, ma bisogna aver grande attenzione nel valutare il momento opportuno per il salto: la maggior parte dei professionisti ha fatto un percorso per gradi. E ogni ragazzo ha tempi di maturazione diversi».
Si ritorna all’inizio: l’ambiente fa la differenza.
«A Zingonia senz’altro. La proprietà investe sui giovani, c’è la seconda squadra, ci sono le strutture. E per restare all’attualità, l’ad Luca Percassi ha messo la faccia sulla questione del vincolo: c’è il rischio di disincentivare gli investimenti».
C’è anche un tecnico nato proprio con le giovanili.
«Sono rimasto impressionato dalla capacità di Gasperini di lavorare coi ragazzi: non è solo il coraggio che infonde, a dare sicurezza a giovani come Scalvini o Ruggeri, ma proprio gli strumenti che fornisce loro ogni giorno: un modello per come lavorare nei settori giovanili».
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