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Samaden: “Settore giovani devastante, conta solo risultato. Ambiente Atalanta fa la differenza”

Andrea Della Sala Redattore 
Il responsabile del settore giovanile dell'Atalanta, intervistato dal Corriere della Sera ha parlato del problema del calcio italiano

Il responsabile del settore giovanile dell'Atalanta Roberto Samaden, intervistato dal Corriere della Sera ha parlato del problema del calcio italiano

Roberto Samaden, quando si parla di giovani, come in questo momento di crisi, qual è l’aspetto chiave?

«Ho sentito parlare di aspetti tecnici e di valorizzazione. Ma prima delle questioni specifiche legate al campo, direi che il fattore più limitante per la crescita dei ragazzi e delle ragazze è l’ambiente in cui crescono».

Cosa deve cambiare?

«Non è possibile che in nome del risultato, tutto sia giustificato. Cambiare una cultura non è per nulla facile. Ma per costruire un ambiente formativo è necessario investire sulla base, per esempio investendo sulla promozione del calcio a 5 nel sistema scolastico».

Le rivoluzioni culturali hanno bisogno di gesti concreti: da dove si può partire?

«Sarebbe importante avere un progetto unico, mentre in Italia ci sono sette componenti che si occupano di calcio giovanile e diventa un limite. Un esempio? La Primavera 1 è diventata Under 20, gli altri livelli (Primavera 2, 3 e 4) non si sono uniformati. Ci sarebbe bisogno di una sorta di commissariamento per individuare una strada comune».


Per alcuni alzare l’età della Primavera è sbagliato. Che ne pensa?

«Tenere i ragazzi nel mondo giovanile non è propedeutico alla crescita, ma d’altra parte le seconde squadre non hanno ancora attecchito».

La formazione degli allenatori è valida?

«I corsi per allenatori e per responsabili dei settori giovanili, questi ultimi introdotti grazie a Demetrio Albertini presidente del settore tecnico e scolastico, ce li invidiano all’estero. Ma l’impatto dell’ambiente da noi è devastante per la crescita di tutti, non solo dei ragazzi».

Ora tutti i riflettori sono su Camarda nel Milan U23. È giusto che sia così?

«Lui è la classica eccezione che conferma la regola, ma bisogna aver grande attenzione nel valutare il momento opportuno per il salto: la maggior parte dei professionisti ha fatto un percorso per gradi. E ogni ragazzo ha tempi di maturazione diversi».

Si ritorna all’inizio: l’ambiente fa la differenza.

«A Zingonia senz’altro. La proprietà investe sui giovani, c’è la seconda squadra, ci sono le strutture. E per restare all’attualità, l’ad Luca Percassi ha messo la faccia sulla questione del vincolo: c’è il rischio di disincentivare gli investimenti».

C’è anche un tecnico nato proprio con le giovanili.

«Sono rimasto impressionato dalla capacità di Gasperini di lavorare coi ragazzi: non è solo il coraggio che infonde, a dare sicurezza a giovani come Scalvini o Ruggeri, ma proprio gli strumenti che fornisce loro ogni giorno: un modello per come lavorare nei settori giovanili».