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Samaden: “Primavera, vittoria che dà soddisfazione. Pinamonti? Un campione. E Dimarco…”
Roberto Samaden, responsabile del settore giovanile dell'Inter, si è raccontato, partendo dalla vittoria del Primavera 2021-2022 fino ai suoi inizi:
"La vittoria del Primavera rappresenta l'unico tipo di vittoria che nel settore giovanile ha un senso vero, senza nulla togliere agli altri campionati che danno soddisfazione. Il Primavera è il campionato delle seconde squadre e delle squadre professionistiche, lì vincere si abbina ed è correlato ad avere giocatori di valore, il che vuol dire aver prodotto giocatori per il calcio professionistico e, se possibile, per la prima squadra. Oltre la soddisfazione di alzare un trofeo, questa vittoria ha un valore correlato al vero obiettivo di un settore giovanile, ci ha dato grande soddisfazione e dà modo alla società di valorizzare altri talenti"
"San Donato rappresenta la mia vita, ci sono cresciuto da bambino cambiando diverse residenze con la mia famiglia dopo un percorso. Dall'adolescenza fino al diventare adulto e studiare oltre all'attività sportiva, svolta in un prato o alla SNAM. Se non fossi nato a San Donato, forse non avrei fatto questo mestiere"
"La mia esperienza all'Inter nasce proprio grazie alla SNAM, la SNAM era affiliata all'Inter ed era il punto di riferimento nel Sud-Milano dell'Inter. Ho avuto la possibilità di partecipare ai campi estivi dell'Inter, sono andato insieme ad altri tre compagni, poi l'Inter ha intravisto qualcosa in me e ho avuto la fortuna nel 1990 di avere la proposta e ho abbandonato così l'attività da calciatore. Ho fatto quella scelta quasi per gioco e da 32 anni sono qui, è nato il mio percorso. San Donato ha determinato in tutte le maniere il fatto che mi sia appassionato allo sport facendomi vivere una bella esperienza. Le prime esperienze professionali all'Inter sono state lavorare in estate e allenare i ragazzini del '79, ora li ritrovo uomini. Per 16 anni ho fatto l'allenatore, nel 2006 ho chiesto di smettere di fare l'allenatore perché non ero particolarmente dotato (ride, ndr) anche perché l'attuale ds dell'Inter Ausilio mi ha detto di smettere e di cambiare ruolo perché avrei potuto far carriera. Dal 2010, poi, Moratti mi ha affidato la direzione del settore giovanile, che è il mio ruolo odierno"
"Ero un giocatore di medio livello ma con tanta passione, son cresciuto in una famiglia di calciatori ma non avevo il talento per fare il giocatore di calcio. Avevo passione, voglia, dedizione e mi portava a fare qualcosa in più delle doti che in realtà avevo. Mi facevano giocare in tutti i ruoli, se c'era da arrivare 30' lo facevo anche rinunciando a far serata la notte prima".
"Il trascorrere degli anni ha portato cambiamenti clamorosi anche lavorando con i ragazzi, parlo di sport ma anche di famiglia e di altro. I cambiamenti sono veloci, oggi si cresce in un modo virtuale impressionante. Chi si occupa di far crescere i giovani deve preoccuparsi di aspetti che in passato erano sottovalutati o poco considerati. Oggi una società sportiva deve sentirsi addosso anche una parte educativa, facendo crescere ragazzi. Abbiamo un progetto Educational per informare ragazzi e famiglie, un percorso formativo che fa parte di un processo di crescita. Abbiamo 250 persone che stanno "sotto di me", c'è un mondo di adulti che si deve occupare di 500/600 ragazzi. Non ci si può non preoccupare di fare formazione e di parlare di tutela dei minori, l'aspetto educativo è forse più importante di quello che succede in campo"
"Portare giovani in prima squadra o nel calcio professionistico è complicato. I dati parlano. Non 'uno su mille ce la fa' ma le statistiche italiane sono impietose, non solo in ambito calcistico. Il percorso è difficile, riuscire a far diventare lavoro quello che parte come passione è complicato. Chi si occupa di giovani deve avere l'obiettivo di formare giocatori ma anche di formare persone che è forse più importante"
"Non ne ho, sono contento di quello che ho avuto, dalla famiglia agli inizi passando per tutte le esperienze che ho fatto. Se proprio devo trovare qualche rimpianto, riguarda quei giocatori che non sono diventati professionisti, con alcuni sono ancora in contatto e li frequento. Tra quelli con cui sono più legato, senza togliere agli altri, c'è Pinamonti: è arrivato all'Inter quando aveva 8 anni, veniva dal Trentino, una realtà diversa da Milano. Con una famiglia straordinaria che ha avuto per 6 anni fiducia in me e nell'Inter nonostante offerte da tutto il mondo del calcio. Persone per bene, un ragazzo per bene e non mi sorprende che possa essere considerato un campione. E' giovane ma ha tante presenze in Serie A e avrà grandi soddisfazioni. Lo prendo come esempio come Dimarco, anche lui l'ho conosciuto a 7 anni con una famiglia spettacolare. Quando li vedi a 20/22 anni, è un motivo di soddisfazione"
Fonte: Youtube Comune San Donato Milanese
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