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Santon: “L’Inter mi ha dato tutto, Mourinho numero uno. E quando fermai CR7…”

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L'ex difensore nerazzurro, dopo essersi ritirato a soli 31 anni, ripercorre alcune delle tappe principali della sua carriera

Fabio Alampi

Davide Santon, dopo essersi ritirato dal calcio giocato a soli 31 anni a causa dei numerosissimi infortuni che hanno condizionato tutta la sua carriera, ha voluto ripercorrere alcune tappe della sua vita agonistica in un'intervista concessa a Tuttosport: "Partiamo dalla fine: ultimo anno di contratto alla Roma, che ingaggia Mourinho. Io stavo bene, ma iniziavo a sentire i tanti infortuni del passato. Ricevetti la lettera in cui mi comunicavano di essere fuori rosa. Parlai con Mou, che venne anche a vedermi e sono convinto avrebbe voluto reintegrarmi. Io però non potevo più garantire un tot di partite, ero sempre a rischio infortunio, avevo paura a spingere, non mi divertivo più. Dopo una stagione così, perdi le motivazioni e il tuo corpo ti dice basta. Nell'ultimo anno, oltre al problema al ginocchio destro, ho avuto guai anche a quello sinistro. Faticavo per tutto".

Cosa provò dopo aver neutralizzato CR7?

"Lo avevo studiato, conoscevo i suoi movimenti, ero tranquillo, consapevole dei miei mezzi. Altro che paura, prima della gara ero eccitato, non vedevo l'ora di scendere in campo. Con la paura fai figure di m..., con l'autostima arrivi lontano. Quella partita mi lanciò nel mondo del calcio".

Cosa ricorda dell'esordio con l'Inter?

"Nei primi mesi andavo sempre in tribuna e al massimo giocavo in Under 19. Una volta venni schierato terzino sinistro, io non lo avevo mai fatto. "C'è bisogno lì": in realtà il capitano, titolare del ruolo, finì in panchina: erano arrivati "ordini dall'alto". Mourinho non era convinto di Maxwell e pensava a me in quel ruolo. Prima di Natale mi venne detto che avrei giocato contro il Cagliari, ma restai in panchina. Chiamai il mio procuratore per dirgli di andare via: volevo giocare, fare esperienza e il Palermo, in A, mi garantiva addirittura la titolarità. Stavo per accettare, ma ecco la Coppa Italia: senza dirmi niente, scopro di essere nell'undici di partenza. Da lì non sono più uscito sino al termine della stagione".

E festeggiò a fine anno.

"Vinsi il mio primo scudetto. Ma la verità è che poi nei primi due anni di carriera avevo raggiunto tutto quello che un calciatore sogna in carriera: Scudetto, Champions League, Coppa Italia, Supercoppa, esordio con l'Italia".

Il suo papà calcistico è Mourinho?

"Lui è stato quello che mi ha lanciato e quello con cui ho finito. Mi spiace non aver fatto parte della rosa della Roma, ma sono state fatte delle scelte societarie, che capisco e che non mi includevano. Con le parole Mou è sempre il numero uno. I giocatori gli vogliono bene, Josè si fa volere bene. Anche se ha vinto tantissimo ha ancora fame e passione per quello che fa. Può vincere ancora, credo che il suo sogno sia lo scudetto con i giallorossi".

Quale è stato il momento più bello della carriera?

"All'Inter, con tutte le vittorie ottenute con i nerazzurri. I nerazzurri mi ha dato tutto, a livello affettivo resteranno sempre nel mio cuore. Ma quello più spensierato l'ho vissuto al Newcastle: stavo alla grande fisicamente e mentalmente. Non è un caso che per tre anni di fila inanellai più di trenta presenze a stagione. Per un calciatore l'Inghilterra è il meglio del meglio".

Quale è stato il compagno più forte con cui ha giocato?

"Pensi alle mie Inter: Ibra, Adriano, Zanetti, Cambiasso, Stankovic, Figo, Eto'o, Milito. Ho militato a Roma con De Rossi. Ho giocato con grandi campioni che hanno fatto la storia".

Come vede Inter-Roma?

"Sono due squadre in difficoltà. Del pareggio non se ne fa nulla nessuno. Il match potrebbe essere deciso da una giocata di un top: un Lautaro o un Dybala per intenderci. Sarà una partita tirata, tutte e due giocheranno per vincere".

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