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Col valzer degli allenatori in Serie A a lei non sono arrivate telefonate?
“Non da club italiani, purtroppo. E sinceramente un po’ mi spiace, c’erano panchine libere in squadre che immaginavo potessero fare per me. Non sono stato interpellato neanche per una chiacchierata. Sono i presidenti a decidere, ci mancherebbe. Ma meritavo di essere ascoltato almeno un quarto d’ora”.
Si riferisce, per esempio, a Milan e Fiorentina?
“Erano due squadre adatte a me, certo”.
Si è dato una spiegazione?
“Si punta sui giovani, e va anche bene. Ma l’esperienza resta un valore, non va cestinata. Basta vedere l’età degli allenatori che quest’anno hanno vinto Conference, Europa e Champions League: 63, 66 e 65 anni. Non è un caso. Poi, certo, se nessuno mi ha cercato probabilmente è stato perché ho sbagliato anche io qualcosa, una riflessione intima va fatta”.
E se fosse per le etichette che negli anni le sono state attribuite? Qualche lamentela di troppo…
“Calendari affollati e terreno di gioco spesso non all’altezza? Sì lo ribadisco. Il punto è che lo hanno detto anche Klopp e Guardiola ma nessuno ha commentato, se è Sarri a lamentarsi e allora apriti cielo. Faccio io una domanda a lei: si farebbe operare da un chirurgo che ha il bisturi arrugginito? Bene, un calciatore non può giocare in un campo non idoneo”.
Al Napoli disse: abbiamo perso lo scudetto in albergo, e pure lì...
“Si può ridere finché si vuole, ma andò così. Ci fu un errore clamoroso, poi anche riconosciuto, di uno degli arbitri migliori, Orsato, in Inter-Juventus. Noi eravamo in ritiro in albergo: uscii dalla mia stanza incazzato nero, volevo spaccare tutto, ma dovevo tirare su di morale i ragazzi. Li vidi seduti sulle scale dell’hotel, piangevano. Era già troppo tardi: noi perdemmo con la Fiorentina e lo scudetto andò alla Juve”.
Due anni dopo va alla Juve e lo vince lì.
“Fu un percorso di grande sofferenza, con tanto di discussioni in famiglia. Diciamo che da tifoso del Napoli ho fatto fatica. Non avrei dovuto lasciare il Chelsea, ecco”.
È l’errore su cui più recrimina?
“Non c’è dubbio. C’erano buone basi per restare, ho commesso un grosso errore. Abbiamo vinto l’Europa League, il progetto era grande ma volevo tornare in Italia, purtroppo”.
Ha un rimpianto?
“Forse il Milan, ci ero andato vicino vicino e poi non mi vollero. Venne il Napoli, l’esperienza più intensa della mia carriera”.
Senza vincere titoli…
“Le storie più belle del calcio sono quelle in cui non si è vinto. Con De Laurentiis ho avuto un rapporto non sempre facile, ma lo ringrazierò sempre per avermi dato la possibilità di allenare la squadra per cui tifavo da bambino. Comprerò casa a Napoli”.
Conte è l’uomo giusto dopo una stagione così deludente?
“Il Napoli dovrà fare un percorso, stravolgere il modo di giocare. La fortuna è che Conte è molto veloce in queste situazioni a trasmettere la propria mentalità. Non li vedo fuori dalle prime tre, il lato positivo dello scorso anno è che hanno perso terreno ma erano e sono una squadra forte”.
Il suo calcio è identitario, la modernità va verso la flessibilità, come la mette?
“Le mie squadre devono avere una fisionomia ma bisogna allenare i ragazzi anche rispetto agli avversari, sapersi adattare. Se così non fosse allenerei solo me stesso”.
Spalletti riuscirà a ridare lustro alla Nazionale agli Europei?
“Spalletti è un ottimo allenatore ma ha poco tempo. Questo lo penso in generale: si dice che la Nazionale determini il futuro del calcio, ma si sta insieme poco per diventare veramente forti. Guarderò l’Italia per affetto”.
Allenerebbe una Nazionale?
“Fin quando sentirò l’energia per stare in campo tutti i giorni no”.
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