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Però i diritti tv, e il proliferare delle partite, vi garantiscono stipendi da nababbi: non le garba nemmeno questo?
«Garantiscono 50-70 stipendi d’élite, tra cui il mio, non ricchezza al movimento: vent’anni fa un calciatore di Serie C era un benestante, ora fatica ad arrivare alla fine del mese. Si cerca di aumentare il fatturato diminuendo la qualità del prodotto, ma quale azienda ragiona così?».
Sarri è un rompiscatole perché si lamenta sempre: non è stufo di sentirselo dire?
«Sostanzialmente me ne frego, ho una testa pensante e critico, anche se questo calcio fa il mio bene. In privato i colleghi, tutti, mi dicono bravo, fai bene, bisogna denunciare. Ma poi non ce n’è uno che mi venga dietro».
Perché i sindacati di calciatori e allenatori non si fanno sentire?
«Non conta più niente la Cgil, cosa volete che contino Aia e Aic».
Perché non va bene giocare ogni tre giorni?
«Perché se non ti alleni subentrano il decadimento tecnico e fisico e la stanchezza mentale, quindi lo spettacolo peggiora. Per altro, anche chi non ha giocato non è avulso dalla stanchezza, perché si trova a vivere in un ambiente stanco. Ormai si ci allena solo al video».
Quante partite un calciatore dovrebbe fare, in un anno?
«Al massimo 50. Si potrebbe almeno cominciare dalle piccole cose, tipo rinunciare alle tournée estive e riportare la Coppa Italia ad agosto anche per le grandi, facendole giocare sui campi delle squadre di Serie C, che così farebbero incassi per campare tutto l’anno. Ma di sicuro ci direbbero che c’è un problema di ordine pubblico per cui la Juve non può andare a Campobasso. La Coppa Italia è un evento clandestino cucito su misura per l’audience televisiva degli ultimi turni. Ma il calcio non è questo, è il Bayern che perde con una squadra di C».
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