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In una bella, sincera e accattivante intervista concessa a l’Ultimo Uomo, Ezequiel Schelotto ha raccontato un po’ alcune sue sensazioni legate al passato nell’Inter, al presente col Chievo e alla Nazionale. Ecco i pensieri del levriero.
INTER - "Mi è capitato di arrivare in una squadra con grandi campioni, dopo il triplete tutti volevano continuare a vincere e invece c’era un allenatore giovane (Stramaccioni, ndr). Le cose non andavano bene, a volte si vedeva anche in campo. Tutti si ricordano solo del gol nel derby, un gol pesante, certo, ma mi sarebbe piaciuto continuare a giocare lì; purtroppo però non ho avuto la possibilità che hanno avuto altri. È arrivato un nuovo allenatore (Mazzarri), che aveva le sue idee e che purtroppo a me, sinceramente, non ha dato neppure un minuto per dimostrargli che potevo giocare lì. E’ il campo che parla e in campo si vede chi aveva ragione e chi no: io sono orgoglioso e contento di quello che ho fatto, magari se mi avessero dato una possibilità avrei fatto meglio, o peggio, ma almeno una possibilità me la sarei meritata".
CHIEVO - "A Verona quest’anno le cose stanno andando bene. Qua la gente ha capito il mio modo di essere, all’inizio era normale che non mi conoscessero. Dopo l’infortunio alla caviglia che mi ha tenuto fermo tre mesi sono stato in difficoltà, dovevo fare la preparazione in fretta, non riuscivo a esprimermi bene, ma ora sono più sereno. Maran mi sta dando fiducia, mi ha messo in un ruolo in cui non pensavo di poter giocare, quello di terzino. Però lui dice che in quel ruolo ce ne sono pochi come me, e che mi posso riconquistare grandi palcoscenici giocando così, come la Nazionale; e siccome lo rispetto molto, gli do ascolto. Mi è capitato di giocare in questo ruolo, pensavo davvero di non farcela, ma forse è il più adatto per le mie caratteristiche: Maran me lo dice sempre, te arrivando senza palla ti puoi portare via tutti"
NAZIONALE - "Oriundi? Rispetto ogni pensiero, ogni punto di vista: ognuno la pensa come vuole, ma io la penso diversamente da Mancini. Non li chiamo oriundi, li chiamo giocatori della Nazionale. Uno quando indossa quella maglia - e stiamo parlando di una Nazionale tra le più importanti al mondo - quando la indossi non ti puoi tirare indietro: rappresenti una nazione, sessanta milioni di italiani. Per me fa bene Conte a tenere tutti in osservazione: se uno ha voglia e la mentalità giusta perché non convocarlo? Se è un giocatore bravo che ti può dare una mano: che cosa c’è di male? Lo fanno tutti. Io ho fatto due anni e mezzo con le Nazionali giovanili. In Argentina se ci sono quattro o cinque ragazzi bravi li portano in prima squadra, gli danno la possibilità di esordire. Invece purtroppo il calcio italiano è fatto così, ai giovani non viene data neppure una chance: se guardi le grandi squadre, ma anche quelle medie, nelle rose ci sono pochi italiani: per quello il doppio passaporto è una risorsa. Io sono a favore, ma non perché ho il doppio passaporto: perché credo sia intelligente fare così. Sono sincero, non mi sarebbe dispiaciuto giocare nell’Argentina: ma lì mi hanno chiuso le porte, mentre l’Italia dal primo giorno che sono arrivato mi ha spalancato le braccia. Dopo un anno e mezzo che ero qua mi chiama Casiraghi, io neppure sapevo chi fosse Casiraghi, mi chiama per telefono e mi dice: “Sono il mister dell’Under-21, vorrei che mi dessi una mano, so che hai il doppio passaporto”. Sai che ho fatto io? Non ci ho pensato neppure un minuto, gli ho detto: “Tranquillo mister, vengo subito e ti do una mano”, tranquillamente, fino alla fine".
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