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Il vero cambiamento è cominciato un paio di anni fa quando Milan e Inter hanno deciso di non spendere più. La loro normalizzazione ha spinto in avanti le grandi seconde piazze ripresesi dai loro fallimenti (Napoli e Fiorentina) e rimesso la Roma in strada. È diventato comune per tutti quello che era poco immaginabile, vendere i migliori giocatori per prenderne altri promettenti a costi inferiori. Questo ha per adesso annullato l’handicap di partenza delle seconde linee punite dalla cattiva spartizione dei diritti televisivi. I 40,60 milioni in più che sono l’agio di Juve-Milan-Inter, sono stati per le milanesi molto indeboliti dai conti di gestione, finendo per metterle sullo stesso piano delle altre. La crisi economica generale ha poi prodotto un fenomeno impensabile fino a due stagioni fa: un netto abbassamento degli stipendi dei giocatori. Un grande ingaggio oggi è di 5 milioni, due anni fa si andava dai 10 in su. Questo ha creato un’improvvisa democrazia del mercato che ha premiato non solo chi restava ricco, ma anche i più bravi a scegliere, dovunque fossero. In sintesi, si tenta oggi di essere tutti un po’ più simili all’Udinese che alla Juve.
Naturalmente abbiamo perso la nostra vecchia dimensione internazionale. In Europa è infatti successo esattamente l’opposto, sono arrivati i nuovi ricchi in cerca di popolarità. Squadre come il Chelsea, il City, il Psg, il Monaco non avevano storia, oggi sono tra le più forti in Europa. Siamo stati costretti a scendere di un gradino, per la prima volta abbiamo 4 squadre ai sedicesimi di Europa League. È quella adesso la nostra terra. Siamo però entrati anche noi in questo giro di scambi societari. Non è chiaro se sia l’inizio della soluzione, di un rinascimento primitivo, o la conferma della crisi. Gli americano a Roma hanno per ora cambiato più mentalità che classifica, hanno reso la società aperta alla libertà d’impresa, non solo alla nostalgia intoccabile della piazza.
Impossibile ancora capire Thohir. L’impressione è che ci sia toccata la seconda ondata dei ricchi, quelli che cercano più gli affari che la popolarità. Dal punto di vista tecnico, si gioca meno bene ma con un numero maggiore di buoni giocatori. Si è abbassata la qualità massima, si è alzata la minima. È una conseguenza del possesso palla. Giocando tutti di più il pallone, si finisce per gestirlo tutti meglio. Ma nessuno tenta più un dribbling. Quei pochi che lo fanno e ci riescono (Gervinho, Cuadrado, Tevez, Palacio) decidono subito le partite. È infine cambiata molto la Juve. Tevez e Llorente hanno dato all’attacco non tanto i gol che comunque già arrivavano, ma la forza fisica con cui aspettare il pallone che avanza. Giovinco e Vucinic ne perdevano molti al primo contrasto, facendo ripartire gli avversari. La Juve adesso è un muro che comincia molto in alto. Come è un muro la Roma. Garcia gioca all’italiana, squadra corta e velocità finale, tutto in verticale negli ultimi 30 metri. Anche questo è un cambiamento. Strano lo abbia riesumato un francese.
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