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Sconcerti: “Progetto Inter estremo: si passa dal comprare a vendere in abbondanza”

Matteo Pifferi

Intervenuto sulle colonne del Corriere della Sera, Mario Sconcerti ha analizzato così il momento di Inter e Milan

Intervenuto sulle colonne del Corriere della Sera, Mario Sconcerti ha analizzato così il momento di Inter e Milan:

"Tutto è cominciato con l’arrivo di Barella e Tonali. Sono stati quelli gli investimenti veri. Spendere 80 milioni per Lukaku è una scelta economica, se li hai, perché no? La vera bravura è andare a prendere ragazzi costosi che hanno metà possibilità di perdersi. E sono due diversità. Barella non ha omologhi, non è accostabile a nessuno. Tonali è più normale nel gioco, ma sa fare le due fasi, quella di Pirlo e di Gattuso, con interpretazioni personali, fino a sfuggire di nuovo al paragone. Sono i giocatori determinanti, infatti non sono sostituibili. Riuscire a coprirne in altro modo i compiti, è l’ultimo obiettivo di Inter e Milan. Quando avranno i sostituti, saranno di nuovo squadre perfette, pronte a prendere il grande mare.

La festa comune di questi giorni è un prologo, non un compimento. È festa di popolo in fiamme, di nuovo insieme e opposto, incerto nel racconto cittadino. Chi troverò prendendo il caffè? Uno dei miei o dei loro? È il ritorno di uno scopo in comune, la distrazione intelligente che sale dalla pancia e non ha bisogno di talk show per essere capita. Forse il lungo silenzio ha fatto anche bene, forse ha insegnato a Milano che non c’è niente di dato, tutto va goduto quando c’è, senza pretenderlo. Ma c’è spazio per andare avanti. Inter e Milan cominciano adesso. Il progetto del Milan è più sartoriale, ha un gusto artigiano. Quello dell’Inter è più estremo, sa di lusso o invenzioni, passi dal comprare a vendere, tutto in abbondanza. Non c’è ancora la grande regolarità del lavoro milanese, il cappotto lungo dei cumenda che tiene insieme il ritmo della ricchezza. Inter e Milan sono arrivate in cima mantenendosi migliorabili. Hanno strada davanti, non sono un ultimo giro di giostra. È che siamo tutti un po’ sospesi a qualcosa che non conosciamo fino in fondo. Abbiamo dato le nostre squadre a persone che non incontreremo mai, che non potremo ringraziare o a cui chiedere spiegazioni. Ma credo che questo sia il mondo, il calcio in fondo non inventa, è sempre una conseguenza.

Questa imperfezione delle due squadre rende quella di oggi soprattutto la festa della gente, una Milano lunga quasi dovunque. La gente non ha il dovere di misurare la qualità, di distinguere la vittoria. La gente di Milano torna oggi al centro del gioco nazionale, giustifica la sua importanza anche attraverso il calcio. È il segno di una differenza che non si fa solo nei salotti, si fa anche per strada, in ogni casa. È la Milano di tutti. Non c’è grande città in Italia, forse in Europa, che abbia una possibilità così profonda di riconoscersi dal basso. Viene da dire che il calcio torna a completare Milano, il suo bisogno di essere avanguardia e presenza. La Juve non rappresenta una città, riassume meglio il paese. E comunque Juve, Inter e Milan non esisterebbero una senza le altre. Il calcio italiano è sempre stato una staffetta fra una squadra e una città. Questo in fondo è il senso della festa, la sicurezza che arriverà.

C’è un’ultima differenza del calcio a Milano: vuole abitare la stessa casa. C’è qualcosa di freudiano in questo dividersi lo stadio. Tra amici opposti si può dividere tutto, ma non la casa. Capisco quando lo stadio era comunale, ma adesso che si costruisce perché costruirne uno per due? Perché non ognuna il suo stadio come in tutto il mondo? Non sarebbe un senso di appartenenza più automatico da vivere? Un orgoglio in più? Roma avrà due stadi, Londra ne ha otto, a Milano già riposa l’Arena. Non ci si è mai nemmeno pensato. Forse Inter e Milan hanno insegnato alla propria gente a vivere il calcio in modo doppio, quasi privato e pubblico, come non ci fosse piacere del gioco se non ci fosse modo di viverlo insieme. C’è qualcosa di strano che va oltre i nodi burocratici e la spesa economica. Forse c’è questa chiacchiera di città che non vuole interrompersi perché vive l’una delle parole dell’altra. O forse è come una Grande Intelligenza popolare che rende Inter e Milan della stessa materia della città. Questo renderebbe anche lo scudetto di oggi un bene in comune…"