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Arrivano dei momenti nelle stagioni delle squadre in cui non è più possibile difendersi con le parole. Può essere anche tutto vero, ma non ha più senso. La realtà acquista talmente forza da cancellare qualunque spiegazione. L’Inter di Stramaccioni è arrivata esattamente a quel momento. Non ha più rilevanza se il tecnico abbia talento o meno, se avrà o meno un grande futuro, conta il niente che la squadra è diventata.
L’errore è dovunque. L’errore è nel non aver costruito niente. L’Inter sta insieme da otto mesi: non c’è niente nelle sue partite che assomigli a un affiatamento, a uno spirito di squadra, a una sintonia tecnica. Questa è certamente responsabilità dell’allenatore, ma significa anche bassa qualità tecnica e caratteriale dei giocatori.
Stramaccioni ha una colpa sicura: non è riuscito a valorizzare nulla. Non c’è un giocatore che esca migliorato da questi otto mesi. È anzi riuscito a mettere confusione un po’ dovunque. I vecchi sono diventati molto più vecchi, i giovani sono stati messi in campo quasi a caso e subito bruciati. Quando Benassi debuttò sette partite fa contro il Pescara, sembrava non solo l’inizio di una piccola linea tecnica ma addirittura di un destino societario.
Benassi non ha più giocato. Kovacic è stato messo nel cuore di un centrocampo sbandato al cui sbandamento ha finito per contribuire. Pereira era un giocatore di livello internazionale, adesso non sa dove stare in campo. La difesa nelle ultime 19 partite di campionato è rimasta solo due volte senza prendere gol. Guarin gioca per sé, Palacio è costretto spesso a rimontare dalla panchina.
La realtà è che l’Inter deve ancora cominciare a esistere. L’evidenza è così grande che non c’è parte della società che sia fuoridall’errore. Le incertezze, l’amore per i cavilli tecnici del suo allenatore hanno certamente aggravato la malattia, ma l’Inter manca di un’idea generale dalla fine del tempo di Mourinho. Da allora si è passati ogni sette-otto partite dalla difesa a quattro alla difesa a tre come se fosse quello il grande problema esistenziale.
Da tre anni si muovono pedine sul campo procedendo per tentativi, con spiegazioni minuziose sull’ovvio. Ricominciando sempre da capo intorno al niente. Questo non è più il tempo in cui deve parlare l’allenatore, è il tempo in cui il presidente commissari tutto e metta ordine. C’è stata troppa condiscendenza verso un progetto sbagliato, ora bisogna solo ricominciareda capo mostrando in fretta di sapere come.
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