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Del momento dell'Inter e del futuro e delle problematiche di Antonio Conte ha parlato il giornalista Mario Sconcerti sulle pagine del Corriere della Sera:
"Antonio Conte è un uomo con una sensibilità particolare. Questo è un suo diritto e anche un suo vantaggio, trasformarla in energia serve spesso a creare una differenza. Quando coinvolge tante persone e addirittura un’azienda, la sua diversità nervosa può però battere con quella degli altri. Questo succede in ogni posto di lavoro. Più grande è l’importanza del ruolo e più probabili sono gli attriti con gli altri che occupano ruoli simili. O si capisce questo o si usurpa qualcosa di quel ruolo. Gli psicologi del lavoro dicono che normalizzare, perdonare, ascoltarsi meno, non è un modo di retrocedere nelle gerarchie, è il vero modo di comandare. Ma c’è qualcosa che brucia sempre dentro Conte. Questo è il problema. Sei anni fa chiese alla Juve di andarsene al secondo giorno di ritiro. Agnelli disse di essersi trovato davanti un uomo sfinito dallo stress e accettò. Al Chelsea ha chiuso facendo causa al club. All’Inter siamo di nuovo a un epilogo vintage. Si può dunque ammettere che c’è spesso qualcosa di strano anche nei suoi comportamenti verso le sue società.
Se l’Inter ha davvero commesso errori gravi, e può capitare, se Conte comunque è offeso irrimediabilmente, il rapporto è per forza finito. A cosa serve parlare con Zhang? A trattare una buona uscita? All’idea di una causa contro l’Inter per salvare l’ingaggio? Può farlo, ma di sicuro potrebbe difendersi bene anche l’Inter ricordando le volte che Conte ha messo in imbarazzo la società. Se invece le offese che Conte lamenta sono gravi ma risolvibili, cosa chiederebbe? La liquidazione di altri tesserati? Questa non sarebbe giustizia, sarebbe vendetta. Nelle sue infinite risorse Conte deve capire che c’è anche una verità piccola piccola, semplice ma diretta: ha un contratto di altre due stagioni con l’Inter di cui è un dipendente. Se vuole andarsene deve romperlo e stare molto attento a come lo fa. Oppure torna in campo. Ma non basterebbe nemmeno rimanere. Dovrebbe garantire di essere stavolta disposto a cambiare. La stessa cosa che chiede alla società".
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