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Intervenuto sulle colonne del Corriere della Sera, Mario Sconcertiha analizzato così il momento di difficoltà del calcio italiano ai tempi del Coronavirus:
"Quando il calcio chiede aiuto allo Stato fa una cosa curiosa ma legittima. Il Covid ha azzerato le entrate. I diritti tv sono sospesi da cause legali, gli incassi ai botteghini non esistono più. Le vendite di magliette e gadget sono crollate, gli sponsor sono diminuiti e pagano meno. Non è che le società incassino meno, non incassano niente. Questo blocca l’intero giro, stipendi ai giocatori, rate di mercato, possibilità d’investimenti. E tutto su un mondo che aveva già 4 miliardi di debiti. Al contrario del Paese, dove tutti sono costretti a capire la situazione, il calcio continua a essere valutato come prima del Covid, o peggio, come ai tempi di Berlusconi e Moratti. Fra 40 giorni riaprirà il mercato, la gente chiede già grandi giocatori. I social, i giornali, sono pieni di richieste. Il campionato in equilibrio ha fatto venire voglia di vincere a tutti".
"Nessuno là fuori si rende conto che è come in tempo di guerra, la sera si mangia quello che si trova perché comprare è impossibile. Eppure è semplice: la cassa è vuota e il cassetto è pieno di debiti che costano d’interessi ogni anno quanto l’acquisto di un grande giocatore. La coscienza del momento da parte della gente diventa ormai la cosa più importante. È fondamentale capisca, è rimasta troppo indietro. I costi attuali non sono più sopportabili, vanno ridimensionati del 30-40 per cento, a partire dagli ingaggi dei giocatori. Ma questo porterebbe a una fuga di campioni verso chi paga di più. Serve una convinzione che leghi i 5 grandi campionati in Europa, un tetto comune agli ingaggi. Questo porta a un grande squilibrio fra le aspettative della gente e la realtà delle società che hanno esaurito qualunque architettura di bilancio. Abbiamo campato di plusvalenze, 553 milioni in media all’anno nelle ultime dieci stagioni. Soldi virtuali che salvano un bilancio, ma ne ingombrano altri quattro. Questo è il tempo degli onesti, dei bravi davvero. E delle cose chiare. Se allora servono aiuti dallo Stato, li chiedano i presidenti, Zhang, non Marotta. E la gente comincerà a capire che il calcio è cambiato".
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