Intervistato da Repubblica, Aldo Serena parla del momento difficile che stanno attraversando Juventus e Inter. "La Juve sembra avere perso i suoi valori: intensità, tenacia, amore per la battaglia, coraggio anche nella fatica estrema. Con Sarri e Pirlo cercava un gioco più europeo. Il ritorno di Allegri dimostra che il club è in mezzo al guado e non sa dove andare. È vero che non ha la squadra al completo, ma non può essere una scusa".
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Serena: “Inzaghi, disastrosi i due cambi a Udine. Ha messo i giocatori in una condizione…”
E all’Inter, cosa si è rotto?
«Nella passata stagione ha avuto lo scudetto in pugno e lo ha perso. Manca di compattezza, intensità e concentrazione. Non è accettabile, con un pacchetto di centrali alti un metro e novanta, prendere tre gol su palle alte come a Udine».
Come si superano le crisi?
«Con l’Inter nell’83/84 facemmo un solo punto nelle prime quattro gare ufficiali, fra campionato e coppa. È dura: il pallone scotta, ti sembra che i compagni si nascondano, San Siro fischia e arriva la paura. Ci risollevammo vincendo 5-1 con il Groningen a Bari e, più importante, 2-0 nel derby. Arrivammo quarti. A Juve e Inter servono vittorie pesanti che portino fiducia».
Molti tifosi juventini, e sempre più interisti, chiedono l’esonero del tecnico. Ha senso?
«No. I due allenatori hanno contratti lunghi e onerosi. Poi, a settembre chi prendi? Si è liberato Tuchel, ok, ma mi sembra irraggiungibile».
Cosa si prova, da giocatore, a cambiare guida in corsa?
«Mi è successo a Bari, fu doloroso e deludente. Se salta il mister la sconfitta è di tutti, soprattutto se il rapporto umano è profondo. Diciamo che Inzaghi e Allegri devono cambiare un po’ se stessi».
In che modo?
«Inzaghi, anzitutto, facendo sostituzioni più attente. I due cambi nel primo tempo a Udine sono stati disastrosi. Ha sconfessato la propria linea iniziale messo i giocatori in una condizione psicologica difficilissima. Se li umili, rischi di perderli».
E Allegri?
«Ha un buon gruppo. Deve riscoprirsi juventino, convincendo tutti a lottare su ogni pallone come se fosse l’ultimo della vita».
(Repubblica)
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