Ospite d'eccezione di Radio Nerazzurra nel corso della trasmissione 'Cominciamo Bene' per parlare del libro che racconta la sua vita ("I miei colpi di testa", scritto con Franco Vanni ed edito da Baldini e Castoldi), Aldo Serena, ex attaccante dell'Inter, ha rievocato tanti aneddoti del periodo nerazzurro, con un accenno anche all'Inter attuale:
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Serena: “Inter, si reagisce tutti insieme. Berti amico vero. Ma dopo la prima cena disse…”
Qual è stata la lezione di vita che ti ha dato Falcao?
Era una Roma-Inter e stavamo perdendo 3-1. Bersellini mi buttò nella mischia negli ultimi minuti e a un certo punto, su lancio di Prohaska, riuscii a stoppare bene il pallone in area di rigore e a calciare a mezza altezza il pallone. Tancredi toccò, poi arrivò Altobelli che spinse in rete. A fine partita ero abbacchiato, perché quell'anno l'Inter giocava con una punta sola e dovevo sfruttare meglio le mie occasioni. A fine partita, mi si affianca Falcao e mi dice: 'In area di rigore devi sempre muoverti. Noi che siamo lenti non dobbiamo aspettare la palla. Attacca il primo o il secondo palo, così se la palla verrà nella tua direzione potrai anticipare gli altri'. Mi stupì questo super campione che dà consigli a un ragazzino. Ascoltai il consiglio e vidi che funzionava.
Il rigore di Italia-Argentina?
Non ero fra i cinque rigoristi. Dopo il 120', Vicini mi si avvicina e mi dice: 'Aldo, ne ho solo tre, nessuno lo vuol battere. Te la senti?'. Io risposi: 'Mister, faccia un altro giro e poi eventualmente torni'. Nel giro successivo, trovò Donadoni, che poi sbagliò anche lui. Acconsentii a battere il rigore, ma quando mi alzai mi accorsi che un clic mi aveva bloccato le gambe, erano rigide come bastoni, non riuscivo nemmeno a muovermi. Il giorno successivo al rigore sbagliato, ho un buco di memoria, non ricordo nulla.
L'amicizia con Nicola Berti?
Quando è arrivato in ritiro, mi infastidiva un po' per la sua esuberanza, era sempre al centro dell'attenzione. Il primo mese non avevamo una gran frequentazione. Poi è venuto ad abitare vicino a me e abbiamo iniziato a coordinarci per andare ad Appiano Gentile per gli allenamenti. Da lì, abbiamo iniziato a chiacchierare ed è nata un'amicizia profonda. Eravamo così diversi che ci compensavamo: lui mi dava leggerezza nella vita quotidiana, io cercavo di dargli un contegno. Per la prima uscita insieme, lui si aspettava che io lo portassi nella Milano notturna. Invece, lo portai a mangiare dagli Hare Krishna. A fine cena, mi disse: 'Senti, tu vai pure a casa, io mi vado a mangiare una pizza'.
Ricordi l'esordio con l'Inter?
Certo. Salendo sulle scalette prima di entrare in campo, sentii i miei amici d'infanzia, che lavoravano con me il pomeriggio nella fabbrichetta di mio padre, 'Tonin! Tonin!", che è il nome con cui venivo chiamato da piccolo. Questo mi diede una carica incredibile.
E' scomparso da poco: è stato Beltrami a portarti all'Inter?
Lui era stato al Como e aveva un gran rapporto con Lambrugo, che era il segretario. Il Como mi aveva seguito per tanto tempo e insieme mi acquistarono dal Montebelluna in comproprietà.
Questa nuova Inter, con gli stessi giocatori dello scorso anno, è normale che abbiano un rendimento tanto lontano da quello della passata stagione? Può aver influito la situazione societaria?
In minima parte. Quando la situazione non è positiva, bisogna far quadrato. E' successo anche a me, bisogna essere uniti con un allenatore che fa da guida. L'intensità dell'Inter di quest'anno mi sembra completamente diversa da quella dell'anno scorso e da quella di due anni fa. Forse, ci sono stati dei cambiamenti sotto il profilo del lavoro atletico. E' il gruppo insieme che deve uscirne, ci vuole la volontà di tutti.
(Fonte: Radio Nerazzurra)
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