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Serie A ai minimi storici per gli investimenti sui giovani. Eppure…

Lorenzo Roca

Bella inchiesta del Corriere della Sera sui settori giovanili della Serie A: «La Bundesliga nel 2000 ha schierato il 30% di giocatori con più di 30 anni. Nell’ultimo campionato i «vecchietti» erano il 15 %, l’esatta metà, a...

Bella inchiesta del Corriere della Sera sui settori giovanili della Serie A: «La Bundesliga nel 2000 ha schierato il 30% di giocatori con più di 30 anni. Nell’ultimo campionato i «vecchietti» erano il 15 %, l’esatta metà, a testimonianza di come il ringiovanimento del campionato tedesco sia stato costante e nel nome della qualità e della concorrenza. In Bundesliga, dove i club devono investire il 10% del fatturato sui vivai, si spendono 4,4 milioni di euro a società per i settori giovanili, in Serie A 2,75. L’obiettivo di produrre giocatori pronti per la prima squadra viene realizzato sempre meno. Gli unici ventenni che hanno già maturato esperienze significative con i «grandi» sono il senegalese-spagnolo Keita, talento della Lazio ex Barcellona, il milanista Cristante, gli interisti M’Baye e Kovacic. I giocatori che hanno giocato almeno tre anni nel vivaio di una squadra di A per poi continuare la loro esperienza con la stessa maglia sono appena 8 su 100 in Italia, la percentuale più bassa d’Europa. La Juve ha due giocatori cresciuti con la maglia bianconera, campioni d’Italia con la Primavera nel 2004: Marchisio e Giovinco. Il Milan è fermo ad Abate e De Sciglio, in attesa di capire il valore di Cristante. L’Inter ha Andreolli, il Napoli, Insigne. La Roma ha le colonne Totti e De Rossi, a cui si appoggiano buoni giocatori come Florenzi e speranze come Romagnoli. La questione non è campanilistica: produrre al proprio interno giocatori per la prima squadra, come testimoniano i casi di Barcellona, Ajax (con il suo obiettivo programmatico: «ogni due anni, tre giocatori per la prima squadra»), Bayern Monaco, Arsenal o nel nostro piccolo, l’Atalanta (che ha 8 giocatori usciti dal vivaio), rappresenta un grosso vantaggio economico (la vendita di Balotelli, arrivato a 16 anni, è un esempio della buona produttività del vivaio interista) e uno strumento fondamentale per mantenere l’identità di un club, soprattutto se multinazionale. Ripartire dai ragazzi, ragionando sul lungo periodo, conviene. Sotto tutti i punti di vista»