- Squadra
- Calciomercato
- Coppa Italia
- Video
- Social
- Redazione
ultimora
Getty Images
La nuova diffusione della variante Omicron sta mettendo in crisi l'Italia e di conseguenza anche il mondo del calcio, tra rinvii e stop all'ultimo minuto. La Gazzetta dello Sport ha provato a fare chiarezza sulla situazione:
Come si stabilisce che si deve giocare una partita o che non lo si può fare?
Dobbiamo partire da lontano. Ricordate la primavera del 2020 quando si parlava di ripartenza ma ogni volta si diceva «sì però se non si toglie la regola dell’isolamento alla prima positività è inutile ricominciare»? Se ne discusse settimane, e finalmente, il grande tessitore della ripartenza fu il presidente federale Gabriele Gravina, si giunse a un compromesso, una specie di polizza sull’inizio del campionato.
La famosa quarantena soft?
Proprio lei. Con una circolare del ministero della Salute si decise che le “autorità territoriali”, cioè le Asl, avevano la possibilità di disporre la possibilità per le squadre di continuare ad allenarsi e giocare anche in caso di positività di uno dei membri del gruppo squadra.
Quindi sempre di Asl si tratta. Ora come allora.
Sì, solo che nel frattempo le cose sono cambiate. Sono arrivati i vaccini e soprattutto con il decreto di Natale e la circolare del ministero della Salute del 30 dicembre del 2021, oltre alla quarantena soft, che di fatto permane come “fonte” giuridica, è arrivata la quarantena «ammorbidita».
Di che si tratta?
Del fatto che se io sono un contatto stretto di un positivo, non ho l’obbligo di fermarmi e di isolarmi dentro casa. Ma posso continuare a uscire, in regime di autosorveglianza, e usando per 10 giorni la mascherina FFP2 per tutta la giornata.
Vale anche per i calciatori naturalmente?
Certo, naturalmente. Ma è una possibilità di cui non tutti i calciatori e naturalmente i cittadini possono beneficiare. Vale solo per chi ha fatto la terza dose o la seconda negli ultimi quattro mesi, o per chi ha avuto il Covid sempre negli ultimi 120 giorni ed è guarito dalla malattia.
Insomma, torna in scena il solito problema della diversità dei comportamenti delle Asl.
Ecco, questo è l’altro punto. Il famoso coordinamento delle Asl, l’ipotesi di avere un interlocutore dentro il ministero della Salute che dialogasse con una sorta di task force Lega-Federazione-Club, era stato immaginato in diverse sedi in uno dei momenti più crudi della pandemia. Ma poi non se ne fece più niente. Ora si riparte.
E come?
Il presidente del Coni Giovanni Malagò, anche con Gabriele Gravina per il calcio e Gianni Petrucci per il basket, sta lavorando a una proposta al Governo per arrivare alla creazione di una sorta di cabina di regia per evitare, fatte salve le specificità dei territori (chiaro che in una zona rossa una Asl non può ragionare come in una regione bianca), questa babele di risposte tutte diverse all’emergenza.
© RIPRODUZIONE RISERVATA