00:42 min

ultimora

Severgnini: “San Siro, vergognoso quanto accaduto. E l’Inter si è fatta viva dopo due giorni”

Andrea Della Sala

Di quanto accaduto in Curva Nord durante Inter-Sampdoria, ha parlato il giornalista tifoso nerazzurro Beppe Severgnini

Di quanto accaduto in Curva Nord durante Inter-Sampdoria, ha parlato il giornalista tifoso nerazzurro Beppe Severgnini sulle pagine del Corriere della Sera:

Quello che è accaduto sabato sera a San Siro è vergognoso. Inquietanti i fatti. I tifosi dell’Inter, molti con famiglie e bambini, sono stati costretti a svuotare la curva dopo l’omicidio del pluripregiudicato Vittorio Boiocchi, capo ultrà legato alla criminalità. Dieci condanne definitive per associazione finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti, associazione a delinquere, porto e detenzione illegale di armi, rapina, sequestro di persona e furto.

Imbarazzante la reticenza. Della società, che si è fatta viva due giorni dopo, condannando genericamente «qualsiasi episodio di coercizione»; dei giocatori, uno dei quali si è lasciato fotografare con Boiocchi (vogliamo sperare che non sapesse chi era); di molti commentatori, che si sono limitati a rilevare l’episodio; di un governo che si indigna per i rave party a Modena e poi distoglie gli occhi da Milano.

Qualcuno dirà: cose brutte accadono in molti stadi. Vero, purtroppo. Le infiltrazioni criminali nelle tifoserie della Juventus, del Milan, della Lazio, della Roma, del Napoli, del Palermo e di altre squadre hanno occupato, a turno, le cronache. Ma stavolta è accaduto a San Siro durante una partita dell’Inter. Tocca agli interisti farsi sentire.

La cautela che si respira ha tre spiegazioni: paura, ignavia, rassegnazione. La paura è diffusa, anche tra i tifosi. Ho ricevuto testimonianze e proteste, tra domenica e lunedì: famiglie e gruppi di amici cacciati dal secondo anello verde perché minacciati. Perché non sporgono denuncia? Per timore. Mi rivolgo ai nerazzurri, senza distinzione: vi sembra una situazione tollerabile? Una grande squadra dev’essere capace di autocritica. Chi l’ha evitata, ha pagato l’errore: con la reputazione, e non solo.

L’ignavia è quella di chi non vuole grane. Di chi tace, sapendo che di certi episodi si parla molto, ma per poco. Poi vengono dimenticati, la mistica sportiva è potente, ripulisce tutto in fretta. A tutti coloro che vivono nel calcio, e preferiscono parlar d’altro, mi permetto di ricordare che, alla fine, tutti dobbiamo rendere conto a qualcuno: a un figlio, agli amici, a un telespettatore, a un lettore, alla nostra faccia nello specchio al mattino.

La terza spiegazione di tanta cautela si chiama rassegnazione. Tra le reazioni, la più comune. E la più scusabile, in apparenza. Perché arrabbiarsi, se poi non cambia niente? Be’, un motivo c’è. Le tragedie del calcio — il morto davanti allo stadio, la guerriglia urbana pre-partita — sono quasi sempre prevedibili, preparate da pessime abitudini tollerate troppo a lungo.