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La strategia di chi governa il mondo del calcio è confusa circa le norme anti razzismo che tanto baccano stanno causando in questi giorni dopo le decisioni del giudice Tosel. I presidenti, dopo la sfuriata dell’ad del Milan Adriano Galliani contro la chiusura di San Siro, sono concordi nel rivedere le norme sulla discriminazione territoriale: lo ha detto il presidente della Lega Maurizio Beretta, e anche quello della Lazio Claudio Lotito e dell’Udinese Gianpaolo Pozzo. Ma Federazione e Coni ricordano che le norme le ha decise l’Uefa e servono per mandare un messaggio di tolleranza zero contro ogni forma di razzismo. È utile, opportuna e doverosa una riflessione sulle modalità applicative» e questa, volendo, è l’unica apertura alle società. Ma si possono trovare delle differenze nella applicazione.Per esempio «pesando» i cori, distinguendo se vengono cantati da un intero settore o da un gruppetto isolato. È il solito discorso e ha una sua logica: così si diventa ostaggio degli ultrà e molti pagano per pochi. A onor del vero va detto che le società fanno in genere molto poco per sottrarsi alle pressioni degli ultrà.
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