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Signori: “Dici Bersellini e pensi Inter campione d’Italia. Con Beccalossi fu duro, ma poi…”

Sabine Bertagna

Il ricordo del giornalista del Giornale dell'ex allenatore nerazzurro, che vinse lo scudetto nell'80

Riccardo Signori dedica un nostalgico ricordo a Eugenio Bersellini, ex allenatore dell'Inter venuto a mancare ieri: "Dici Bersellini e pensi Inter, campione d’Italia, Altobelli e Beccalossi, quel gruppo che ha lasciato il segno. Lui, “Genio”, era il ruvido conducator, l’uomo che immetteva concetti nuovi nello spogliatoio senza che nessuno gridasse al miracolo, tuta o canottiera che indossasse, non nascondevano il vello del corpo. Il sorriso trasmetteva l’immagine di una persona perbene, un uomo buono, finto burbero, persona mite lontana dai falsi bagliori del calcio.

Le telefonate con i giornalisti - Per i giornalisti non era il massimo della loquacità, però in tempo di telefoni, e non di cellulari, rispondeva a chiunque solo nella prima mattina: dalle 7 alle 9, poi scompariva nei campi di allenamento e lo potevi ripescare alle 9 della sera. La telefonata nel primo mattino del lunedì era un must: cortese, sebben mai deflagrante. E quando gli dicevi qualcosa che approvava ma non poteva dire in prima persona , replicava:«Questo lo dice lei!». Non c’era velo nelle parole di mister Eugenio, c’era molta tecnica come quella che applicava sul campo: gli piacevano gli schemi del basket che era stato un primo amore. Lavorò sulle diete, perché il “Mando” era anche appassionato di cucina.

Perfezionista - Disegnava schemi, prediligeva il rombo, e non riusciva a trarne godimento se non li vedeva ben applicati. Nel giorno dello scudetto, dopo il gol di Mozzini che consegnava all’Inter il tricolore, commentò

così: «Sono perfezionista e incontentabile. Mi spiace aver visto che, in questo anno, tante cose provate in allenamento non sono state applicate sul campo. Abbiamo vinto lo scudetto, ma eravamo molto meglio l’anno scorso, quando solo l’inesperienza finiva per fregarci». Segnava tutto su quadernoni che oggi sarebbero rimpiazzati dal computer. La sua filosofia era racchiusa in una frase che pareva semplicistica: «Palla a noi giochiamo noi, palla a loro giocano loro». 

Il sergente di ferro - Bersellini fu duro con Beccalossi, che aveva il vizio di non abbandonare mai la sigaretta, ma poi se lo coccolò. I ragazzi dell’Inter hanno cominciato a conoscere la sua fama di duro, un cosiddetto sergente di ferro, per capirne i benefici influssi nel resto della carriera. L’Inter campione dell’80 diceva più o meno così: Bordon, Baresi, Oriali, Pasinato, Mozzini, Bini, Caso, Marini, Altobelli, Beccalossi, Muraro. Quindici giocatori in tutto (c’erano pure Canuti, Pancheri e Ambu) e l’anno dopo, quando Bersellini chiese qualche rinforzo, per la coppa Campioni finì come te la raccontava lui: «Gli altri compravano campioni, a me presero Prohaska...». Vinse scudetto, e due coppe Italia, girò l’Italia prima e dopo: Lecce, Como, Cesena, Sampdoria, Torino (era un tipico cuore granata), Ascoli, Bologna, Avellino. 

(Il Giornale)