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Guilherme Siqueira ha parlato della sua esperienza all'Inter e anche di Adriano a "El Pais".
Ecco le sue parole: "All'inizio fu dura, andavo avanti e indietro ogni tre mesi. Non avevo il passaporto europeo e l'Inter mi aveva dato l'ok solo dopo aver avuto tutta la documentazione in regola. Ero un po' scoraggiato, ma alla fine ho avuto il passaporto e firmai con l'Inter, nonostante l'infortunio alla caviglia. La mia residenza era come un convento, ero in una stanza con un letto e senza televisore. Nel fine settimana rimanevo solo perché la maggior parte dei ragazzi italiani stava con le loro famiglie. Non avevo il telefono e dovevo attraversare un grande parco per trovare una cabina telefonica, ai miei genitori dicevo di chiamare da un appartamento per non farli preoccupare. Sapevo che quella era un'opportunità: arrivai con altri quattro ragazzi e poi rimasi solo io. L'Inter con me si comportò bene, ora sono d'accordo con la FIFA che vuole condannare i trasferimenti di minorenni perché ci sono dirigenti e club che ingannano i giocatori, dipingendo una realtà falsa, ma non fu il mio caso.
Quando sono arrivato l'Inter era allenata da Mancini e c'erano Veron - che aveva il cambio di direzione più preciso del mondo -, Recoba - che mi utilizzava come uomo davanti alla barriera, ma non avevo paura perché sapevo che le sue punizioni superavano la barriera - e Adriano che era una bestia per forza e tiro.
Adriano si è perso? Una delle migliori persone che ho conosciuto nel mondo del calcio. Si avvicinò molto a me quando mi conobbe e mi disse che potevo contare su di lui per qualsiasi cosa. Vissi a casa sua per due mesi e fu sempre molto disponibile. La morte di suo padre lo ha colpito profondamente, non la superò e iniziò a fare cose non da professionista.
Io ero un esterno rapido e alto. Mi cedettero all'Ancona e poi andai alla Lazio. Poi approdai all'Udinese, che mi sembrava avere un progetto più sicuro. A dire il vero avrei voluto giocare in Spagna, il calcio italiano è più tattico, arrivò la proposta del Granada. Fui anche vicino al Real, ma andai al Benfica, non me ne pento: ho vinto tutto in un anno in Portogallo. L'allenatore era Jose Jesus, molto esigente e che studiava le partite. Aveva un carattere forte, più di Simeone che vive però molto le partite".
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