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Quali sono per lei queste rivali?
«Il Napoli ha un allenatore tostissimo e non fa le coppe, questo è un vantaggio molto, molto grande. Che Thiago Motta sarebbe diventato un grande tecnico lo sapevamo tutti noi che abbiamo giocato e vinto con lui. Un calciatore capisce subito se il compagno sia portato o meno per la panchina: lui lo era, io meno... (ride di gusto, ndr ). La sua Juve è in costruzione, va temuto, ma tutto dipende dall’Inter».
Lei ha citato Lautaro: lo aspetta il duello con Haaland, ancora lontano dalla forma migliore.
«Partiamo col dire che Lautaro vale Haaland. E vale gli altri grandi attaccanti di questa epoca: trovatemelo un altro che sa segnare in tutti i modi possibili. La vittoria da protagonista in nazionale gli ha dato un altro status, ma lo ha pure stancato un po’: normale, deve solo ritrovare la forma. Non capisco questa preoccupazione per il fatto che non abbia ancora segnato: sappiamo tutti che succederà, presto, e da quel momento in poi non si fermerà. È la legge dei bomber di razza. Poi ha compagni all’altezza: Thuram è ormai una certezza, Arnautovic spacca le partite, e scoprirete presto pure Taremi...».
Lei lo ha scoperto prima di tutti...
«Pochi lo sanno, ma siamo stati compagni. Io sparavo gli ultimi colpi, lui stava per sfondare. Eravamo all’Al-Gharafa, in Qatar, 2018-19. Riuscivo ancora a dargli qualche bella palletta che lui metteva dentro: si vedeva che era destinato a una carriera diversa in Europa. Era timido, sempre educato: ricordo che una volta, in Champions d’Asia, fece doppietta a una squadra iraniana e non festeggiò per rispetto».
Ci dica qualcos’altro: cosa dobbiamo aspettarci da lui?
«Le rovesciate! Gli vengono bene, le fa di istinto, lo esaltano: se ha la palla giusta, non ha paura di provarci. Con lui e gli altri, l’Inter può sempre colpire».
Ma anche l’attacco del City è devastante: come si ferma un giocatore capace di farne 9 in 4 partite?
«Non esiste un attaccante impossibile da fermare: devi solo difendere bene e con la collaborazione di tutti. Haaland si ferma non facendolo girare, con i raddoppi, con gli anticipi. L’Inter ci è riuscita una volta, grazie alla marcatura di Acerbi e non solo: perché non può farlo di nuovo?».
Lei che lo ha già fatto da calciatore: ci spiega come si mette un granellino di sabbia nell’ingranaggio perfetto di Guardiola?
«Non solo noi del Triplete, ci è riuscito anche Inzaghi: se l’Inter non ha una Champions in più è solo per qualche dettaglio e un po’ di sfortuna. Io la finale di Istanbul l’ho vista dal vivo e la ricordo bene: serve lo stesso coraggio. L’Inter ha una identità forte e un modulo difficile da leggere per gli avversari: non è facile giocarci contro, neanche se ti chiami City...».
Come vede la battaglia di mezzo?
«Le partite si vincono a centrocampo, dite sempre in Italia. E avete ragione! Qua ce ne sono due di lusso: nella finale si era infortunato De Bruyne e il suo ritorno può essere un fattore chiave, ma dall’altro lato il dinamismo che ha Barella è unico. Poi Rodri e Calhanoglu sono tra i registi migliori del mondo. Ma sapete chi può davvero fare la differenza?»
No, ce lo dica lei.
«I portieri. Guardate i portieri e non solo gli attaccanti o i centrocampisti. Con Ederson non devi farti mai trovare fuori posizione perché alza la testa e bum, lancia dalla sua porta. Però, anche Sommer è una sicurezza quando c’è da usare le mani».
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