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Sneijder: “Champions? Inter in primissima fila, ho buone vibrazioni. Lautaro vale Haaland”

Andrea Della Sala Redattore 
Intervistato da La Gazzetta dello Sport, l'ex trequartista eroe del Triplete dell'Inter Wesley Sneijder ha parlato della gara di stasera

Intervistato da La Gazzetta dello Sport, l'ex trequartista eroe del Triplete dell'Inter Wesley Sneijder ha parlato della gara di stasera con il Manchester City:

«Ho buone vibrazioni».

Allora Wesley, le piace questa nuova Champions?

«Io vengo da un’altra generazione, ho giocato tutta la vita pensando di affrontare le stesse squadre in casa e fuori, ma una novità mi eccita sempre. Ci saranno più partite e molte ancora più spettacolari: con la Champions non ci siamo mai annoiati, figurarsi adesso».

Faccia la sua griglia di favorite, allora.

«Se faccio una griglia, la sbaglio sicuro, perché ogni anno qualche sorpresa c’è sempre. Posso solo dire che non partono necessariamente avanti solo City e Real e che in primissima fila c’è anche la mia Inter. Ormai la squadra ha un’aura speciale, può arrivare in semifinale e oltre. Certo, in questa Coppa l’imprevisto è dietro l’angolo, ma tutte le big sanno che se la dovranno vedere con l’Inter».

Eppure, in campionato la partenza è stata a rilento con due pari in due trasferte.

«Un vecchio proverbio olandese dice: “Ogni inizio è... difficile”. Questo, poi, lo è particolarmente: c’è molta pressione sull’Inter che ha vinto uno scudetto storico e ha tutto per ripetersi. In generale, la squadra non si è potuta allenare con continuità, e questo vale soprattutto per Lautaro, anche così si spiega la partita negativa di Monza. Credetemi, però: non c’è nessun allarme, niente di cui preoccuparsi. La squadra è forte, ha radici solide. Ma è anche vero che quest’anno ha rivali più agguerrite».


Quali sono per lei queste rivali?

«Il Napoli ha un allenatore tostissimo e non fa le coppe, questo è un vantaggio molto, molto grande. Che Thiago Motta sarebbe diventato un grande tecnico lo sapevamo tutti noi che abbiamo giocato e vinto con lui. Un calciatore capisce subito se il compagno sia portato o meno per la panchina: lui lo era, io meno... (ride di gusto, ndr ). La sua Juve è in costruzione, va temuto, ma tutto dipende dall’Inter».

Lei ha citato Lautaro: lo aspetta il duello con Haaland, ancora lontano dalla forma migliore.

«Partiamo col dire che Lautaro vale Haaland. E vale gli altri grandi attaccanti di questa epoca: trovatemelo un altro che sa segnare in tutti i modi possibili. La vittoria da protagonista in nazionale gli ha dato un altro status, ma lo ha pure stancato un po’: normale, deve solo ritrovare la forma. Non capisco questa preoccupazione per il fatto che non abbia ancora segnato: sappiamo tutti che succederà, presto, e da quel momento in poi non si fermerà. È la legge dei bomber di razza. Poi ha compagni all’altezza: Thuram è ormai una certezza, Arnautovic spacca le partite, e scoprirete presto pure Taremi...».

Lei lo ha scoperto prima di tutti...

«Pochi lo sanno, ma siamo stati compagni. Io sparavo gli ultimi colpi, lui stava per sfondare. Eravamo all’Al-Gharafa, in Qatar, 2018-19. Riuscivo ancora a dargli qualche bella palletta che lui metteva dentro: si vedeva che era destinato a una carriera diversa in Europa. Era timido, sempre educato: ricordo che una volta, in Champions d’Asia, fece doppietta a una squadra iraniana e non festeggiò per rispetto».

Ci dica qualcos’altro: cosa dobbiamo aspettarci da lui?

«Le rovesciate! Gli vengono bene, le fa di istinto, lo esaltano: se ha la palla giusta, non ha paura di provarci. Con lui e gli altri, l’Inter può sempre colpire».

Ma anche l’attacco del City è devastante: come si ferma un giocatore capace di farne 9 in 4 partite?

«Non esiste un attaccante impossibile da fermare: devi solo difendere bene e con la collaborazione di tutti. Haaland si ferma non facendolo girare, con i raddoppi, con gli anticipi. L’Inter ci è riuscita una volta, grazie alla marcatura di Acerbi e non solo: perché non può farlo di nuovo?».

Lei che lo ha già fatto da calciatore: ci spiega come si mette un granellino di sabbia nell’ingranaggio perfetto di Guardiola?

«Non solo noi del Triplete, ci è riuscito anche Inzaghi: se l’Inter non ha una Champions in più è solo per qualche dettaglio e un po’ di sfortuna. Io la finale di Istanbul l’ho vista dal vivo e la ricordo bene: serve lo stesso coraggio. L’Inter ha una identità forte e un modulo difficile da leggere per gli avversari: non è facile giocarci contro, neanche se ti chiami City...».

Come vede la battaglia di mezzo?

«Le partite si vincono a centrocampo, dite sempre in Italia. E avete ragione! Qua ce ne sono due di lusso: nella finale si era infortunato De Bruyne e il suo ritorno può essere un fattore chiave, ma dall’altro lato il dinamismo che ha Barella è unico. Poi Rodri e Calhanoglu sono tra i registi migliori del mondo. Ma sapete chi può davvero fare la differenza?»

No, ce lo dica lei.

«I portieri. Guardate i portieri e non solo gli attaccanti o i centrocampisti. Con Ederson non devi farti mai trovare fuori posizione perché alza la testa e bum, lancia dalla sua porta. Però, anche Sommer è una sicurezza quando c’è da usare le mani».