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Si può danzare sul fango? Sì. Si può pattinare tra gli avversari, come birilli, su un terreno di gioco ai limiti della praticabilità, misto di segatura, gelo e terra? Sì, se ti chiami Fenomeno. Il 14 aprile 1998 a Mosca faceva freddo, freddissimo. La neve era stata spalata a bordocampo ma il terreno di gioco del Luzhniki non aveva un solo filo d'erba: solo fango e segatura. E ci si giocava l'accesso alla finale di Coppa Uefa.
All'andata, a San Siro, l'Inter aveva battuto lo Spartak Mosca 2-1. E il ritorno era cominciato nel peggiore dei modi, con il gol di Tikhonov a dare la momentanea qualificazione ai padroni di casa. Una furia agonistica, quella della squadra allenata da Romantsev, gelata - è proprio il caso di dirlo - dal gol del pareggio al 44' del primo tempo di Ronaldo: un guizzo in area, un destro pieno di opportunismo dopo un rimpallo che valeva l'1-1.
No, non era sufficiente per stare al sicuro. E allora a 15' dal termine il Fenomeno si inventò uno dei suoi gol più leggendari. Tutta la sua tecnica e la sua potenza espresse su un campo dove era praticamente impossibile giocare a calcio: stop con dribbling a seguire, scatto, tocco per Zamorano, palla di ritorno e finta di corpo a saltare due difensori, altra finta per aggirare il portiere e palla depositata in rete. Con una facilità e naturalezza disarmanti.
Un gol bellissimo e fondamentale, che portò l'Inter alla finale di Parigi dove il 6 maggio si sarebbe materializzata la terza Coppa Uefa della storia nerazzurra.
(Inter.it)
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