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Stampa – Solo con Mou sala stampa più piena. Mancio potrà  lasciare l’Inter senza…

Francesco Parrone

«Non ho la bacchetta magica», premette Roberto Mancini al suo primo, nuovo giorno da allenatore dell’Inter. Ma ha esperienza e notorietà internazionale, è amato dai tifosi e genera entusiasmo, ha carisma e fascino, parla la lingua del suo...

«Non ho la bacchetta magica», premette Roberto Mancini al suo primo, nuovo giorno da allenatore dell’Inter. Ma ha esperienza e notorietà internazionale, è amato dai tifosi e genera entusiasmo, ha carisma e fascino, parla la lingua del suo capo (l’inglese), insomma possiede tutto ciò che al buon Walter Mazzarri mancava. La svolta in panchina non ha una semplice valenza tecnica. È il progetto di Erick Thohir: calcio e business, risultati e immagine. Globalizzazione. Il nuovo allenatore ha varcato i cancelli della Pinetina alle 13,40. Sotto il diluvio che sta facendo esondare laghi e fiumi della Lombardia, intorno al centro sportivo dell’Inter si era radunato un centinaio di persone che non volevano perdersi l’inizio della nuova era. E poi sala stampa piena come non si vedeva dai tempi di Mourinho e social network impazziti. Dopo i fischi a Mazzarri, questo è già un grande passo avanti, tenuto conto che uno dei primi obiettivi è riportare la gente allo stadio. Inevitabilmente non si può piacere a tutti. Regina Baresi, figlia del Giuseppe storico allenatore in seconda, l’ha accolto cinguettando un «Bentornato Mancio», seguito da un «Bentornato il c...» non appena Baresi è finito nella lista degli esonerati. 

Il nuovo vice sarà Daniele Adani. Mancini predica l’entusiasmo senza sbilanciarsi su giocatori e schemi. Tutti bravi e importanti quelli che gli vengono nominati durante la conferenza di presentazione, da Medel a Nagatomo, da Guarin a Vidic, fino a Kovacic che «può diventare un campione». Completo blu, ciuffo appena tagliato e sgrigito, un’eleganza naturale che, unita al curriculum maturato tra Italia, Inghilterra e Turchia, ha convinto Thohir: questo è il Mancio a una settimana dal 50º compleanno. Non è stato Massimo Moratti a condurre la trattativa lampo cominciata lunedì (e non giovedì sera come da versione ufficiale per non offendere Mazzarri). L’ex presidente ha comunque convinto della bontà del progetto il tecnico di cui si era liberato nel maggio 2008 e l’affare è stato concluso in fretta: 2,7 milioni per questa stagione, quattro più quattro per le prossime, più bonus e la possibilità di svincolarsi senza pagare penali. Più la maglietta celebrativa con il numero 2+2+6, dove 10 è il numero dell’ex giocatore e 226 sono le presenze sulla panchina nerazzurra tra 2004 e 2008. L’anno prossimo, salvo improbabili sorprese, Mancini-2 sarà l’allenatore più pagato della serie A.

«È il migliore d’Italia e ci porterà al top in Europa - dice Thohir -. In gennaio cercheremo di rafforzare la squadra secondo le sue richieste». Primo tecnico a tornare in Italia dopo la diaspora degli anni Duemila, Mancini paragona la formazione attuale a quella di dieci anni fa: «C’è qualità come allora. Avevo grandi giocatori, bisognava solo metterli bene insieme e fare meno danni possibile». Anche lui si ritiene maturato dalle esperienze all’estero. Ha coltivato la cultura del lavoro, spiega. E per essere convincente, a fine presentazione trascina la squadra in campo sotto il diluvio e comincia a demolire il credo di Mazzarri. La difesa a tre è già sotterrata, lo schema in cifre è il 4-3-1-2. Tradotto in giocatori, Palacio diventa trequartista alle spalle di Osvaldo e Icardi. Gli obiettivi: dopo un «costruiamo una base vincente per il futuro» e un «lasciatemi parlare con la squadra» il Mancio arriva al dunque. «Dobbiamo vincere subito», è la frase che i tifosi volevano ascoltare. . E in quel subito risalta il derby di domenica prossima.